Online il nostro report CSR in Serie A 2022/2023!

Arrivata alla sua quarta edizione, l’indagine sulla sostenibilità tra i club della nostra massima divisione calcistica torna ad accendere i riflettori su una dimensione sempre più importante per l’industria calcio. Ma affrontata a dovere?

Ci siamo! Dopo mesi di lavoro è finalmente online ‘CSR in Serie A 2022/2023’, l’indagine targata Community Soccer Report che accende i riflettori sulla sostenibilità tra i club della nostra massima divisione calcistica. Un documento – ad oggi unico in Italia – che scava all’interno di questa dimensione sempre più importante non solo per il nostro calcio.

Sono stati 12 mesi cruciali per l’andamento di questa partita. Le disposizioni in materia della UEFA stanno assumendo contorni sempre più tangibili, influenzando con graduale importanza il lavoro dei suoi membri. In Italia, poi, FIGC e Serie A hanno ufficializzato e pubblicato i rispettivi percorsi strategici, seguiti anche da alcuni Club (la Roma il caso più recente). Ma, più in generale, si percepisce la volontà (spinti probabilmente anche da una sempre maggiore necessità) di proseguire e ampliare il proprio impegno. E infatti sono numerose le iniziative che riempiono con buona regolarità i nostri approfondimenti mensili.

Anche in virtù di questo scenario, crediamo diventi fondamentale riuscire a definire l’andamento complessivo di questo lavoro. Intercettando percorsi virtuosi e buone pratiche, ad esempio, riferimenti per tutti gli attori in campo nel pieno rispetto del motto della Serie A in materia, ‘Uniti per la Sostenibilità’. Ma anche facendo emergere quelle inevitabili aree di criticità, spunti di riflessione e opportunità per un miglioramento continuo.

IL REPORT

Come già fatto nelle scorse edizioni, anche il report relativo alla stagione 2022/2023 si pone come strumento per indagare i temi appena citati. Lo abbiamo fatto partendo dalla stessa interpretazione della materia, quei criteri ESG (ambiente, governance e sociale, ovvero le tre dimensioni della sostenibilità) oramai entrati anche nel lessico del mondo pallonaro. Una scelta ovviamente legata alla volontà di inquadrare l’impegno analizzato entro paletti specifici, orientando la conversazione verso un linguaggio allineato agli standard oggi comunemente promossi.

Questi tre macro-contenitori sono stati successivamente riempiti con informazioni pubbliche relative all’impegno delle singole società, raccolte consultando i canali ufficiali delle squadre (siti e alcuni social di riferimento). Anche in questo caso, una scelta in continuità con i precedenti report, che vuole sfruttare la validità di questi dati valorizzando, al contempo, la capacità dei singoli Club di comunicare e diffondere il proprio impegno.

Infine, grande novità di questa edizione è stata l’aggiunta – per ogni dimensione analizzata – di uno specchietto “best practice”, tentativo di esaltare quegli esempi positivi già in circolazione. Questi riferimenti, insieme ad alcuni focus d’approfondimento, vogliono provare a scavare ulteriormente all’interno di argomenti che riteniamo cruciali per il movimento, offrendo spunti di riflessione e casi virtuosi su cui impostare un auspicato percorso di riflessione.

I RISULTATI EMERSI (IN PILLOLE)

Diversi, come pronosticabile, gli spunti d’interesse emersi dall’indagine. Qui sotto riportati – in pillole – alcuni dei principali riscontrati, che crediamo già rilevanti nel delineare l’impegno presente (e futuro) del movimento Serie A verso la sostenibilità.

– Nel complesso, e sulla falsa riga di quanto riscontrato anche lo scorso anno, permane una notevole differenza tra quanto realizzato in ambito sociale e le iniziative orientate a quello ambientale, con la prima area quella di gran lunga maggiormente rappresentata.

–  Per molti, rimangono oggettive difficoltà nell’inserire il proprio impegno all’interno di un disegno strategico definito (non più di 3/4 i Club vantano un simile titolo). Qualcosa che abbiamo ritrovato, in qualche modo, anche nelle iniziative promosse, per lo più legate alle logiche di intervento “one off” piuttosto che a progettualità strutturate.

– Anche in virtù di quanto appena detto, beneficenza e attività solidali per il territorio sono emerse quali aree di intervento maggiormente presidiate. Per la prima, inoltre, i Club hanno cercato con interessante frequenza anche il coinvolgimento dei tifosi (70% dei casi totali, tra maglie all’asta e merchandising a scopo benefico).

– Il ruolo della Serie A si conferma centrale nella promozione di campagne di sensibilizzazione di respiro nazionale su temi socialmente rilevanti (soprattutto parità di genere e antirazzismo).

– Discreto il numero di Club (oltre il 50%) che hanno attivato collaborazioni per la sostenibilità con i partner commerciali. Una tendenza che ci aspettiamo cresca in futuro, e che speriamo sempre più Club riescano ad inserire in un impegno maggiormente strutturato sui temi promossi (realtà oggi rappresentata solo dalla metà dei Club autori di questo genere partnership).

–  Impegno per l’ambiente procede complessivamente a rilento. A parte qualche caso isolato (3 società con un comprovato impegno sull’argomento), la maggior parte dei Club ha limitato le proprie iniziative (ove presenti) a pochi ambiti, rimanendo per lo più isolate e non riconducibili ad alcuna policy o strategia.

Questo e molto altro nel report completo, che è possibile scaricare da qui: LINK

Un ringraziamento ad Alessandro Colombo e Marco Scipolo per la collaborazione nella stesura del report, e a Paolo Bernardini per la parte grafica.

JOUONS LA COLLECTIF: Report sulla Responsabiltà Sociale nel Calcio Francese

Prende il via nel fine settimana la Ligue 1. Una realtà che, insieme all’intero movimento professionistico francese, sta dando un’interessante accelerata al proprio impegno per la responsabilità sociale. E un documento sul tema rilasciato dalla Lega sembra confermare questo trend positivo.

 

Ci siamo! O come direbbero da quelle parti: “l’heure est venue”! Parte nel weekend la Ligue 1, il massimo campionato di calcio francese. Una realtà che, negli ultimi mesi, abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare sempre più. Merito ovviamente dell’interessante impegno che Club e Lega stanno portando avanti, con tante novità (a partire da regolamenti che guardano sempre più al tema della sostenibilità) già in cantiere per le prossime stagioni.

L’impressione avuta è proprio quella di un movimento che sta pian piano emergendo e diffondendosi con la giusta credibilità: discreta struttura alle spalle di molti dei protagonisti, numerosi giocatori attivamente coinvolti e iniziative di qualità capaci di toccare una moltitudine di tematiche. Un’immagine quasi perfetta, insomma, che infatti la stessa Ligue de Football Professionel (LFP) ha voluto celebrare pubblicando un report sull’operato dei club nella stagione 2022/23.

Jouons La Collectif!

Sfogliando il documento, emerge come il termine “impressione” usato poco fa vada un po’ stretto alla responsabilità sociale del movimento transalpino, invece supportato da numeri ed evidenze che descrivono una realtà già ben consolidata. Tutti i club, ad esempio, hanno avuto ruolo attivo in questa partita durante l’ultima annata, coinvolgendo oltre 1 milione di beneficiari e supportando qualcosa come 2,500 organizzazioni.

Merito di questi risultati è da attribuire alle 2,000 iniziative messe in campo, orientate principalmente su quattro filoni: lotta ad ogni tipo di discriminazione, tutela dei minori, sviluppo del calcio di base e transizione ecologica. In più, azioni sono state registrate in ambiti comunque rilevanti come educazione, integrazione e accessibilità al gioco per le persone con disabilità.

Scavando ulteriormente, l’impostazione del lavoro portante la realizzazione di queste iniziative è sicuramente un altro fattore. Quell’approccio operativo così articolato, specifico e organizzato che invidiamo a Premier (soprattutto) e Bundesliga, che sta assumendo contorni sempre più concreti in Liga, e che ancora fatica a prendere piede in Italia (dove non più del 30% dei club, ad esempio, vanta organi operativi orientati alla responsabilità sociale). In Francia, sono 18 i club – tra Ligue 1 e Ligue 2 – che si affidano a veicoli quali fondazioni benefiche (6), fondi di donazione (6) o associazioni (3). Un dato che sale a 24 società considerando anche programmi esclusivamente dedicati a questa dimensione, portando al 60% sul totale dei club. Decisamente non male.

Il ruolo della LFP

Non può essere trascurato – ovviamente – il ruolo della LFP, che come nei migliori esempi a livello europeo e mondiale sta guidando il suo ecosistema a suon di novità regolamentari, campagne collettive e piani strategici per la valorizzazione del lavoro di tutti. Prendiamo anche solo questo report, segnale abbastanza emblematico della volontà di farsi veicolo di promozione dell’impegno nazionale. Qualcosa che si aggiunge a simili contenuti editoriali pubblicati a cadenza regolare, in aggiunta alla copertura data a iniziative comuni e/o ai migliori esempi forniti dalle società.

Oltre al ruolo di amplificatore, la Lega transalpina interpreta con una certa dimestichezza anche quello di attivatore. Un obiettivo che si sta materializzando attraverso iniziative e programmi messi a terra su scala nazionale, contando anche sulla partecipazione dei Club per aumentarne la gittata. Sono un esempio in questo senso le campagne di sensibilizzazione in occasione della Giornata dei Diritti dei Minori, o quelle che hanno toccato i temi ambientali (parte di un lavoro ben più ampio insieme a Governo e Comitato Olimpico).

Proprio queste proposte sono il frutto di una visione strategica dell’argomento, elemento di buon governo che in qualche modo la LFP sta cercando di promuovere anche tra i suoi Club. Il piano per la lotta alle discriminazioni, ad esempio, è costruito attorno a tre direttrici specifiche (sensibilizzazione collettiva, educazione degli stakeholder, sistema di reporting degli incidenti) che cercano di coinvolgere attivamente anche le società. Le sinergie con organizzazioni quali CAFE, licra, Nazioni Unite o SOSHomofobie sono altre soluzioni che remano sicuramente in questa direzione, ricercando competenza ed efficacia d’intervento in collaborazioni con partner strategici. E poi la già citata rivoluzione regolamentare che vedrà dalla stagione 2023/2024 l’introduzione di una nuova famiglia di criteri nell’attuale sistema di licenze. Un sistema a punti (massimo ottenibile di 1,000 per la CSR) che vede ogni score costruito da iniziative legate ad ambiente e sociale. Il tutto dovrebbe servire alla Lega – che al termine di ogni stagione pubblicherà una tabella riepilogativa dell’impegno generale – per intervenire dove necessario, consentendo a sempre più realtà di migliorare e crescere.

Una buona base di partenza

In alcuni casi il lavoro sarà abbastanza marginale, considerando l’ottimo livello già raggiunto da molte squadre. Qualità che si evince dallo stesso report, che ha dedicato numerose pagine alle migliori iniziative realizzate dai club nel corso dei mesi.

Avevamo, ad esempio, già parlato del Nantes, la cui maglia ufficiale era diventata una specie di esperimento di economia circolare: realizzata con materiale riciclato, questa poteva essere riportata dai tifosi a fine stagione per ottenere un voucher spendibile su altro merchandising, mentre quanto restituito sarebbe poi stato trasformato in altri prodotti.

Sempre in tema ambiente, abbastanza popolari sono state le attivazioni che hanno coinvolto la comunità, sotto forma di iniziative come pulizia delle spiagge (Le Havre AC), piantumazione di alberi (AS Saint Etienne o LOSC Lille) oppure educazione dei più giovani (AS Monaco e Girondins de Bordeaux).

 

Passando al sociale, il ventaglio di proposte è stato anche qui ricchissimo, toccando argomenti quali solidarietà e beneficenza, inclusione e promozione del benessere, formazione e salute. Dando un’occhiata ai tanti progetti realizzati, abbiamo trovato interessanti quelli che hanno provato, ad esempio, a creare un ponte tra comunità locale (soprattutto giovani) e mondo del lavoro. Un club vanta infatti una posizione ideale in questa partita, potendo intercettare abbastanza facilmente tanti beneficiari, e allo stesso tempo mettere a disposizione risorse, competenze e connessioni con aziende di vari settori. Proprio quello che hanno fatto, ad esempio, Grenoble Foot 38, Toulose FC o Paris St. Germain.

Ma facendone un discorso generale, è un po’ questo il filo conduttore che sta caratterizzando l’impegno dell’intero movimento in questa partita. Una partita da giocare (e vincere) insieme. O come dicono da quelle parti: ‘Jouons la collectif’.

Per consultare il report completo, dai un’occhiata QUI.

CSR in Premier League: la nostra guida alla stagione 2023/24

Ripartono i campionati, e tornano anche le nostre guide sulla responsabilità sociale nel calcio europeo. Quella di oggi va alla scoperta della Premier League, che nel weekend alzerà il sipario sulla nuova stagione. Un modello che seguiamo da tempo con interesse e ammirazione, in cui la Lega fa capo ad un movimento che ha davvero pochi eguali al mondo.

 

Dici calcio, responsabilità sociale, e il riferimento alla Premier League è presto fatto. Il campionato inglese è la terra del football nella comunità per eccellenza, grazie ad un movimento che praticamente da sempre cerca di restituire al territorio ciò che da questo riceve.

Un successo sostenuto in parte dalla Premier stessa, che regola, facilita e alimenta questo impegno. All’ambizione di fornire lo spettacolo migliore possibile sul campo e investire affinché questo accada, la Lega è in prima linea per raggiungere importanti risultati anche fuori, in un circolo virtuoso positivo per tutti.

La funzione di “facilitatore” tocca praticamente ogni ambito, ambendo a standard elevati da parte di tutti i suoi protagonisti. Esempi calzanti in questo senso sono il PLEDIS (riferimento in ottica equità, diversità e inclusione) o il Premier League Charitable Fund, veicolo che si occupa di promuovere e sostenere gran parte del lavoro sociale del suo universo.

Punto di domanda sulla dimensione ambientale. Dopo la firma allo Sport for Climate Action Framework nel Novembre 2021, ci si aspettava una risposta concreta anche in questo senso (che non è ancora arrivata). Tanto viene già fatto a livello di club, con un movimento che anche nell’ultima stagione ha visto molte compagini lanciare strategie o rinnovare il loro impegno esistente.

Speriamo dunque in novità in merito verranno annunciate nei prossimi mesi, ciliegina sulla torta di un modello ad oggi inarrivabile. In questo senso, obiettivo della guida esclusiva che abbiamo realizzato è quello di scavare all’interno di questo mondo. Un viaggio alla scoperta della responsabilità sociale dei 20 club partecipanti alla prossima Premier, nei suoi risvolti sociali, ambientali e di gestione di questo impegno.

Per scaricare il documento clicca qui: GUIDA CSR PREMIER LEAGUE 23.24

Online il Report CSR in Serie A

Arrivata alla sua terza edizione, l’indagine sulla responsabilità sociale tra i club della nostra massima divisione calcistica – ad oggi documento unico in Italia – torna ad accendere i riflettori su una dimensione sempre più importante per l’industria calcio. Ma affrontata a dovere? 

Ci siamo! Dopo mesi di lavoro è finalmente online ‘CSR in Serie A’, l’indagine targata Community Soccer Report che accende i riflettori sulla responsabilità sociale tra i club della nostra massima divisione calcistica. Un documento – ad oggi unico in Italia – che scava all’interno di questa dimensione sempre più importante non solo per il nostro calcio.  

Lo confermano le tantissime iniziative messe in campo ogni settimana dai vari protagonisti del gioco, non ultime quelle contro la violenza di genere o per celebrare la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità. Ma ai più alti livelli, ne è una testimonianza anche l’impegno della UEFA (che in parte ha toccato direttamente anche il nostro paese), per non parlare delle vicende extra campo che stanno caratterizzando le settimane del Mondiale. Dimostrazioni, insomma, che no, il calcio non è un semplice gioco.  

È invece una piattaforma, un veicolo, un’esperienza capace di coinvolgere, sensibilizzare, educare e, potenzialmente, innescare un cambiamento positivo. Con vantaggi concreti, peraltro, per chi in grado di dare fondo a questo impegno. Reputazione, visibilità, riconoscibilità, senso di appartenenza, elementi indispensabili nel calcio di oggi legato non unicamente alle logiche dei ventidue in campo. 

Un’opportunità solo potenziale, dicevamo, che deve per questo trovare le giuste condizioni per potersi esprimere al meglio. Ma, almeno in Italia, è realmente così? In altre parole, i club della nostra massima serie stanno veramente sfruttando al massimo la loro posizione di vantaggio e la relativa responsabilità sociale per perseguire gli obiettivi a cui facevamo riferimento un attimo fa, e godere dei vantaggi annessi? E se sì, in che modo?  

Sono queste le domande che supportano da sempre il nostro impegno, e che rappresentano la base su cui è costruito questo report. Spunti dai quali partire, questi, per innescare quel processo di riflessione costruttiva – fondata peraltro su dati oggettivi – che è elemento fondamentale di qualsiasi progetto voglia definirsi vincente.  

IL REPORT  

Come già fatto lo scorso anno, anche il report relativo alla stagione 2021/2022 è organizzato sulla base dei cosiddetti criteri ESG (ambiente, governance e sociale), ovvero le tre dimensioni della sostenibilità. Una scelta legata alla volontà di inquadrare l’impegno del nostro calcio entro paletti specifici, orientando la conversazione sul tema verso un linguaggio allineato agli standard del mercato attuale.  

Non gli unici criteri considerati, comunque. Perché per dare ulteriore credibilità e solidità al lavoro abbiamo deciso di rifarci anche ad una serie di riferimenti riconosciuti a livello internazionale. Il modello ISO 26000 sulla responsabilità sociale, ad esempio oppure lo studio “CSR in European Football” dell’ECA, e lo Sport for Climate Action Framework delle Nazioni Unite (per maggiori info, vedi la sezione ‘Note Metodologiche‘). 

Infine, è stata confermata la decisione di recuperare i dati consultando unicamente i canali ufficiali delle squadre (sito e social di riferimento). Una scelta che sfrutta da un lato la validità di questi canali, mentre dall’altra intende dare valore alla capacità dei club di comunicare e diffondere il proprio impegno. 

DA COSA RIPARTIRE? 

Diversi, come pronosticabile, gli spunti emersi dall’indagine, con alcuni che possono senz’altro rappresentare buone fondamenta su cui costruire il proseguo di questo percorso responsabile.  

Come l’impegno legato ai temi dell’equità, della diversità e dell’inclusione (lotta al razzismo, uguaglianza di genere, disabilità, ecc.) Davvero diffuso, peraltro toccando varie dimensioni della responsabilità sociale (dall’educazione allo sport, passando per la comunicazione e la beneficenza), segnale che il movimento vuole farsi promotore di questo messaggio. È vero, a volte l’approccio al tema è risultato ancora troppo superficiale e sbrigativo (rimaniamo convinti che non ci si possa limitare ad un messaggio sui social), e non tutti sembrano aver accolto questo impegno come meriterebbe, ma il numero di iniziative lascia ben sperare anche in previsione di potenziali modelli condivisi da proporre su scala nazionale (mossa che darebbe un’ulteriore importante accelerata, e in cui la Lega – anche in virtù di modelli già esistenti – può farsi promotrice). 

La seconda certezza risiede nelle aree in cui la nostra Serie A è da tempo forte e presente (soprattutto per l’elevato il numero di azioni riscontrate). Come la beneficenza, con tante iniziative e la grande capacità di rispondere velocemente a situazioni di difficoltà collettiva (vedi la sezione del report dedicata alla guerra in Ucraina). C’è poi lo sport, anch’esso ricchissimo di interventi, con anche un – seppur moderato – crescendo legato alle attività sportive per tutti (aspetto su cui puntare ulteriormente, magari guardando ad un ampliamento della platea al di là dei giovani in età scolare). Infine, importante anche il numero di collaborazioni (commerciali e non) attivate in chiave responsabilità sociale. Oltre 70 iniziative, coinvolgendo la quasi totalità dei club e toccando moltissime aree. Segnale, probabilmente, della voglia di sfruttare il proprio network (del quale le società di calcio rappresentano il centro nevralgico) anche in quest’ottica.  

DOVE SI DEVE MIGLIORARE 

Aspetti positivi sì, ma non mancano naturalmente quelli su cui si deve necessariamente migliorare. Il principale crediamo risponda alla seguente domanda: “chi fa cosa?” In altre parole, chi e/o cosa (inteso come struttura operativa) si occupa della responsabilità sociale nei nostri club? Un quesito a cui siamo riusciti a rispondere solo per il 60% delle società di Serie A. Un dato incoraggiante solo all’apparenza. Perché ci si aspetterebbe chiarezza operativa da parte di tutti vista la caratura del tema. E poi il dato “nasconde” un sistema ancora troppo frammentato, con ruoli prestati dalla comunicazione o dal marketing, fondazioni benefiche solo in teoria, e “staff fantasma” che non compare nell’organigramma societario. Insomma, poca chiarezza per cui crediamo debbano muoversi sia club che Lega (anche perché le normative e i casi studio a cui rifarsi non mancano) per quantomeno impostare una linea da seguire. 

A questo – anche perché abbastanza correlato – ci alleghiamo una creazione d’impatto sociale ancora troppo spesso estemporanea, poco “intenzionale” e, in qualche modo, scarsamente pianificata. Meno del 50% dei club ha un pezzo di carta che delinei esattamente cosa si vuole fare, perché e come (e no, i vari codici etici “copie e incolla” in cui è dedicato un paragrafo alla responsabilità sociale non lo possono essere considerati). Se si guarda poi a quanti strutturano il proprio lavoro sulla base di aree di intervento (pratica molto comune in Europa), il dato scende al 25%. Paradossale in un certo senso, perché un approccio simile faciliterebbe di gran lunga il lavoro, definendo un piano d’azione (magari verso temi rilevanti ai propri stakeholder) senz’altro utile a convogliare sforzi e risorse in maniera efficace ed efficiente. Tra l’altro, un simile modello è forse necessario in ambiti come la sostenibilità ambientale, in cui non si può lasciare nulla al caso. Sarà quindi (anche) per questo motivo che la lotta al cambiamento climatico è risultata una delle aree di lavoro con maggiori carenze? 

Per ultimo, un deciso step in avanti deve arrivare sul piano comunicativo. Le difficoltà riscontrate nel recuperarle parlano di una mole di informazioni importante (dato sicuramente positivo), ma non valorizzata a dovere. Le iniziative appaiono quasi sempre nella sezione news dei canali ufficiali, ma poi si “perdono” tra i vari comunicati, bollettini post allenamento, informazioni sul matchday e promozioni dedicate ai fan. Solo il 45% dei club assicura una copertura dedicata, ad esempio attraverso pagine o sezioni specifiche del proprio sito. Una soluzione che crediamo tutto sommato di semplice realizzazione, ma con un risultato finale in grado di valorizzare in maniera esponenziale il lavoro svolto, aprendo le porte a ulteriori opportunità per confermare il proprio ruolo di riferimento per il territorio. 

Curiosi di scoprire altro sull’impegno socialmente responsabile dei club di Serie A?

Per scaricare il report completo: CSR REPORT SERIE A 2021.2022

Report Serie A & Scuola: qual è la situazione?

Abbiamo indagato sullo stato dell’arte relativo all’impegno dei nostri club nel mondo della scuola. Un’analisi il cui risultato vuole essere un punto di riferimento in vista del recente Protocollo d’Intesa promosso da massima lega calcistica nazionale e istituzioni.   

Lo scorso 4 agosto, il Ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delega allo Sport, Valentina Vezzali e il Presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, hanno siglato un Protocollo d’Intesa finalizzato alla promozione dell’attività sportiva nelle scuole, con particolare riguardo al gioco del calcio.  

Una collaborazione – cita il comunicato ufficiale – che prevede programmi volti alla diffusione dello sport (con varie finalità), ma anche percorsi d’aggiornamento per gli insegnanti e giornate di sensibilizzazione nelle scuole su temi di rilevanza sociale.  

Non neghiamo di aver colto la notizia con grande felicità. Da sempre, infatti, siamo convinti promotori dell’idea che il mondo del pallone, attraverso i suoi club, debba essere presenza fissa all’interno degli istituti scolastici del nostro paese.  

Per senso di responsabilità, innanzitutto. Perché non crediamo esista argomento capace di coinvolgere e catturare l’attenzione dei giovani più del cacio e dei suoi protagonisti. Una condizione, questa, che gioca sulla capacità potenziale di questo sport di avere un impatto positivo sulla crescita e sulla formazione delle nuove generazioni. 

Ma ne facciamo anche una questione di necessità. Perché stiamo parlando di un target (i giovani) fondamentale per la sopravvivenza presente e futura del movimento, che non può prescindere da un coinvolgimento attivo e continuo di questa fascia d’età. 

Sembra però che il provvedimento annunciato, almeno sulla carta, abbia ben chiari questi due elementi, che compaiono infatti tra gli obiettivi da raggiungere, lasciando intravedere un’evoluzione importante da questo punto di vista, puntando ad avvicinarsi a quei modelli internazionali più volte raccontati e che crediamo i livelli a cui ambire (Premier League su tutti).  

Chiarissimo a questo punto il traguardo, e definito in parte il percorso, quale invece la base di partenza? In altre parole, in che misura le nostre società di calcio già interagiscono con le scuole del loro territorio?  

Una domanda che abbiamo creduto lecita in vista del provvedimento, che immaginiamo non intenda trascurare quanto già di buono viene realizzato in giro per il paese, ma anzi voglia costruire su queste potenziali best practice.  

È nata così l’ultima esclusiva indagine targata Community Soccer Report. Un approfondimento alla scoperta dell’impegno dei club di Serie A (proprio in ottica protocollo, abbiamo scelto quelli della stagione in corso) negli istituti scolastici dei territori di appartenenza, strumento per intercettare i trend esistenti e delineare la direzione che gli eventuali interventi futuri dovranno effettivamente seguire.  

PANORAMICA GENERALE 

C’è innanzitutto da dire che il futuro protocollo troverà nel nostro calcio una situazione tutt’altro che negativa. Ad oggi, il 60% dei club ha all’attivo programmi dedicati alle scuole (dato relativo alla stagione 2021/2022 e che prende in considerazione solo le attività effettivamente comunicate sui rispettivi canali ufficiali, aspetto che riteniamo fondamentale).  

I progetti sono in totale 17, cifra che include club con all’attivo anche più di un intervento (quattro per la precisione, con una società che ne ha persino tre), ma anche squadre sprovviste di simili proposte, e che quindi dal Protocollo d’Intesa potranno solo che beneficiare. 

TARGET  

Guardando ai destinatari di questi interventi, è quasi scontato dire che la totalità è rivolta agli studenti: il 24% delle primarie, il 29% delle secondarie, mentre il 47% è proposto a entrambi i gradi d’istruzione.  

Alunni sì, ma non solo. Perché il 23% delle attività si propone anche come esperienza diretta a coinvolgere insegnanti e genitori. Qualcosa che avvalliamo quale ottima opportunità per ampliare l’effetto dei propri programmi, puntando a garantire continuità al di fuori delle mura scolastiche. 

CONTESTO 

Per quanto riguarda il ‘dove’ questi interventi vengono realizzati, la scuola è il contesto più frequente (59%). Un dato, questo, ancora superiore se si considera che il 23% prevede sia aula che stadio. Impianto di riferimento del club che rappresenta un’altra opzione, sfruttata nel 18% dei casi.  

DURATA & FREQUENZA 

Ci siamo poi concentrati sulla durata di questi interventi. Questo perché convinti che, soprattutto in campo educativo, la quantità di esposizione ad una certa esperienza (soprattutto se positiva e coinvolgente) abbia il suo peso sui destinatari della stessa.  

Ebbene, nel 56% delle proposte è stato preferito un “percorso didattico”, fatto quindi di più appuntamenti con lo stesso gruppo. Il 44%, invece, ha optato per quelle che abbiamo definito iniziative “one off, consumate quindi in un unico incontro. 

ATTIVITÀ 

Molto variegato il panorama di attività proposto dai club. Lezioni e workshop didattici in aula sono risultati essere quelle più comuni, seguiti da vicino dalle testimonianze di tesserati del club (giocatori soprattutto, ma anche membri dello staff) e dalle giornate allo stadio (sia in occasione delle partite, che in semplice visita). Presenti anche i contest, ovvero competizioni a premi tra più gruppi con premi finali. Infine, sorprende “negativamente” il numero di attività legate alla pratica sportiva vera e propria, che ritroviamo in soli due progetti.  

TEMI 

Parlando invece di temi, quelli legati ai “valori positivi dello sport” sono i più ricorrenti, vedendo evidentemente nei club dei veicoli ideali per comunicare un simile messaggio.  

Il fair play in particolare, legato soprattutto al tifo corretto, ma ci sono anche il rispetto degli altri o il lavoro di squadra tra i temi trattati con una certa frequenza. 

Interessante il numero di interventi che toccano argomenti come razzismo, inclusione o discriminazione, assolutamente attuali e crediamo ancora più impattanti se legati al calcio. 

Ma la lista non si esaurisce qui, con altri esempi che vanno dalla sostenibilità ambientale all’educazione digitale, passando per i corretti stili di vita, le competenze trasversali (utili, ad esempio, nel mondo del lavoro) e persino cenni storici legati al club promotore.  

COLLABORAZIONE O AUTONOMIA? 

Infine, ci siamo concentrati sulle modalità di sviluppo e svolgimento dei progetti. In altre parole: è il club responsabile della pianificazione e dell’esecuzione delle attività, o lo stesso si avvale di un player esterno? 

Il responso vede il 47% degli interventi che si inserisce nel primo gruppo, mentre il 53% nel secondo. Per quest’ultimo, in particolare, le collaborazioni arrivano soprattutto da parte di organizzazioni educative, ma anche di sponsor e persino di un fan club

CONSIDERAZIONI E SPUNTI FINALI 

Insomma, quello che ci si è presentato davanti è, come detto in apertura, un quadro generale tutt’altro che negativo. Uno scenario, questo, che lascia intravedere interessanti prospettive per l’introduzione del protocollo a cui stiamo facendo riferimento. 

Innanzitutto, perché essendo un progetto su scala nazionale coinvolgerà tutti i club, portando quel 60% ad un inevitabile en plein (che è quello che, oggettivamente, ci si aspetta dalla Serie A). Un’influenza dai piani alti della piramide ricorrente anche in altri Paesi (vedi le nostre guide) su cui insistiamo da tempo e che questa iniziativa può finalmente materializzare. 

Rispetto al panorama di programmi e temi proposti, i quesiti sono molteplici. Innanzitutto, siamo curiosi di capire se e come il protocollo riuscirà a promuovere un modello di lavoro “unico” (inteso come simile, ma non identico), pur rispettando l’impegno già esistente di tutti, che siamo sicuri i club vorranno mantenere. Ma, allo stesso tempo, ci auguriamo che il provvedimento aiuti a rendere più specifici alcuni programmi, talvolta troppo articolati mentre altre volte, oggettivamente, generici o persino “vuoti” da un punto di vista educativo.  

Discorso a parte merita la pratica sportiva. Chiamata in causa come materia numero uno, sia in relazione ai partecipanti che agli insegnati, attualmente il verdetto è piuttosto scarso. Quasi un paradosso, visto che dovrebbe essere l’attività più “naturale” da mettere a terra per un club calcistico. Varie ragioni potrebbero giustificare ciò, con una di queste – forse la principale – legata al capitale umano a disposizione dei club e potenzialmente capace di sviluppare e mettere a terra queste attività. Praticamente nessuna società in Italia ha a disposizione le risorse che, ad esempio, hanno i club di Premier, dove decine di professionisti si presentano quotidianamente nelle scuole del Regno per svolgere sessioni di vario tipo. La forte impronta “commerciale” che caratterizza la responsabilità sociale del nostro calcio potrebbe mostrare in questo caso alcuni limiti oggettivi. Vedremo dunque quali soluzioni verranno trovate per raggiungere questo obiettivo (magari sfruttando, previa adeguata formazione, lo staff del settore giovanile, cosa peraltro già adottata da alcuni?). 

Soluzioni in questo senso che crediamo però debbano essere ampliate all’impegno nella scuola più in generale. Incrociando infatti i dati relativi al tipo di proposta e l’effettivo autore della stessa, notiamo che quando sono i club a realizzare le attività queste sono, nella maggior parte dei casi, testimonianze di giocatori o visite allo stadio. Interventi relativamente “semplici”, mentre quelli educativi più strutturati sono quasi sempre proposti in collaborazione con player esterni. Probabilmente una necessità, avvalorando il discorso fatto poco fa sulle risorse umane e le competenze specifiche a disposizione.  

Imprescindibile, dunque, considerare anche un passo in avanti di tipo “strutturale” e “culturale” per permettere al Protocollo d’Intesa di manifestarsi completamente e dare pieno compimento a quello che riteniamo, comunque, un importantissimo passo avanti per la responsabilità sociale del calcio italiano. 

Per scaricare il nostro report, clicca QUI: 

 

CSR IN LALIGA: scarica la nostra guida!

Online la terza ed ultima guida sulla responsabilità sociale nel calcio europeo. Si vola in Spagna, dove nel weekend aprirà i battenti la nuova stagione de LaLiga. Un campionato di altissima qualità dentro e fuori dal campo, con quest’ultimo ambito che sta vivendo una rapida crescita all’insegna dello sviluppo sostenibile grazie al contributo della Lega stessa. 

Bentornata Liga! A distanza di qualche mese dal trionfo domestico degli uomini di Carletto Ancelotti, riparte il massimo campionato spagnolo di calcio. Un torneo che abbiamo potuto conoscere sempre meglio nel corso della scorsa stagione grazie ad interviste esclusive a vari protagonisti e focus dedicati per dare la giusta visibilità agli esempi più virtuosi. 

Merito di questo interesse è il grande impegno extra campo che sta caratterizzando tutto il movimento calcistico iberico. Una forte accelerata sul fronte responsabilità sociale iniziata, a dire il vero, nel 2017, attraverso il programma Fair Play Social.  

Si tratta di un progetto che è la naturale estensione della ricercata sostenibilità finanziaria e della buona governance promosse dalla Lega qualche anno prima, la cui piena espressione passa anche e soprattutto attraverso il lavoro in altri ambiti di questa dimensione oltre a quella economica. 

L’iniziativa, in questo senso, guarda a cinque obiettivi fondamentali: approcciare la responsabilità sociale come strumento strategico, misurare l’impatto generato, creare sinergie basate sulla condivisione di buone pratiche, formare lo staff e promuovere questa cultura all’interno dell’organizzazione.  

In concreto, quanto appena descritto prende forma attraverso corsi di formazione, momenti di confronto tra i vari protagonisti del movimento, visite presso le società per mappare il lavoro di ognuno e offrire sostegno ad hoc. Un impegno quindi capillare, specifico e diffuso, offerto e facilitato dall’alto della piramide (cosa che, anche guardando alle guide su Bundesliga e Premier, pare essere una soluzione sempre più comune, ma purtroppo mancante nel nostro panorama calcistico). 

A coordinare questo lavoro c’è infatti la FUNDACIÓN LaLiga, organizzazione benefica che già da molto prima del programma sopra citato (1993) si occupa di promuovere l’impegno responsabile dei club e delle rispettive associazioni benefiche, puntando su educazione, cultura e progetti sociali. Tra questi spiccano, ad esempio, le iniziative di stampo internazionale (in luoghi come Giordania o San Salvador), ma anche quelle promosse sul territorio locale come Futura Afición (programma educativo nelle scuole) e soprattutto LaLiga Genuine (l’alter ego dell’italiano “Quarta Categoria” che promuove il calcio inclusivo attraverso un vero e proprio campionato “giocato” da moltissime delle compagini spagnole che conosciamo).  

Oltre a questo, il pacchetto di proposte è completato da un impegno verso l’ambiente in rampa di lancio, ufficializzato anche dall’adesione al programma delle Nazioni Unite alla pari di alcuni dei suoi club, i quali stanno fissando dei riferimenti davvero importanti per l’industria futbol spagnola e non solo (Real Betis per fare un nome). Da parte della Lega, questa mission è concretizzata integrando l’attenzione alle tematiche green nel sostegno offerto ai club attraverso Fair Play Social, ma anche promuovendo iniziative proprie grazie a sinergie con organizzazioni del settore (vedi quella con EcoVidrio legata al riciclo dei materiali).  

Insomma, come per Premier e Bundesliga, anche in questa guida esclusiva l’obiettivo è quello di approfondire l’impegno di ognuno dei 20 club partecipanti alla prossima Liga Spagnola, in un viaggio alla scoperta di tutti i risvolti della loro responsabilità sociale. Un modo, questo, di lasciarsi ispirare da un movimento che è, da qualche anno, oggettivamente avanti a noi sia a livello di calcio giocato, che di impegno extra campo.  

La distanza, tuttavia, ci sentiamo di dire sia tutt’altro che incolmabile. Perché si tratta di un impegno tutto sommato “giovane”, dando quindi prova concreta di cosa si possa imbastire anche in poco tempo puntando sui giusti ingredienti. E poi la Spagna è in qualche modo molto vicina all’Italia per cultura, mentalità e tradizione, per cui capire un simile modello e provare ad emularne gli aspetti più interessanti può rivelarsi davvero una scelta vincente, oltre che probabilmente più fattibile rispetto a riferimenti oggettivamente ancora troppo lontani come quelli di Inghilterra e Germania. 

Per scaricare la Guida alla responsabilità sociale de LaLiga 2022/2023, clicca QUI: 

CSR IN BUNDESLIGA: la nostra guida

È online la seconda guida dedicata alla responsabilità sociale nel calcio europeo. Un lavoro che ci porta oggi alla scoperta di quel laboratorio di innovazione sostenibile chiamato Bundesliga, annoverato come campionato più “responsabile” al mondo.  

L’abbiamo più volte definita “rivoluzione sostenibile”. È quella che attende il calcio tedesco da qui a qualche anno, prima Lega calcistica a introdurre un sistema di licenze basato (anche) su criteri e standard legati alla sostenibilità. In altre parole: impegno sociale, tutela dell’ambiente e buon governo, altrimenti si rischia di non poter partecipare ai campionati.  

Sia chiaro, i vertici della Bundes renderanno questa transizione abbastanza “comoda” visto che alcuni club devono ancora allinearsi agli standard desiderati. Anzi, la Lega stessa vede in questo periodo l’opportunità reale di accelerare come sistema su alcune tematiche, in un percorso da fare necessariamente insieme per aumentare il suo impatto potenziale. 

A prescindere da ciò, comunque, la base di partenza rimane di altissimo livello, rappresentando da anni il riferimento assoluto in campo internazionale. A confermarlo sono le ultime due classifiche di RESPONSIBALL, piattaforma europea che misura le cosiddette prestazioni ESG (ambiente, sociale, governance) dei principali campionati a livello mondiale. Un ranking che, come detto, ha visto la Germania piazzarsi comodamente al primo posto sia nel 2020 che nel 2021 grazie alle prestazioni extra campo dei propri club. 

Le eccellenze sono rappresentate principalmente dall’impegno sociale e da quello ambientale. Per il primo, praticamente tutte le società hanno a disposizione un’organizzazione o team dedicato che si occupa di sviluppare progetti per la comunità, occupandosi di aree come educazione, sport, ma anche e soprattutto lotta ad ogni forma di discriminazione, coinvolgendo attivamente anche i gruppi di tifosi per promuovere un clima di maggior rispetto e tolleranza.  

E a proposito di “clima”, sulla questione ambientale arriviamo a toccare livelli forse ancora più alti. L’impegno green è un vero e proprio must per la Bundesliga, come confermato anche da un’altra quotata piattaforma, Sport Positive. Gli score medi ottenuti dai club confermano infatti di un movimento che rappresenta ad oggi il riferimento. Questione forse di cultura, responsabilità, risorse, ma anche di tempistiche, visto che molti club che hanno azioni all’attivo da oltre vent’anni (!). 

L’area in cui la Germania pare debba concentrare maggiormente i propri sforzi è invece la governance, sotto media rispetto alle altre due. Un dato relativamente negativo, visto che lo score registrato da RESPONSIBALL (53%) è più di dieci punti superiore a quello italiano. Poco male, comunque, visto che è proprio in quest’ambito che la rivoluzione sostenibile sopra citata avrà probabilmente l’impatto più significativo, con il “rischio” di scavare un solco irraggiungibile per tanto tempo. 

Come per la Premier, obiettivo di questa guida esclusiva è proprio quello di approfondire l’impegno di ognuno dei 20 club partecipanti alla prossima Bundesliga, in un viaggio alla scoperta di tutti i risvolti della loro responsabilità sociale. Un modo, questo, di lasciarsi ispirare da un movimento che è oggettivamente più avanti di noi in questo percorso, cogliendo gli aspetti più interessanti per provare, perché no, ad emularne le gesta. Aspetti come il buon governo o l’impegno per l’ambiente sono ambiti d’intervento comuni, e questa potenziale condivisione di buone pratiche può realmente diventare una soluzione efficace per crescere e migliorare. La partita, d’altronde, non conosce avversari. 

Scarica la Guida alla responsabilità sociale in Bundesliga 2022/2023: 

CSR IN PREMIER LEAGUE: la nostra guida

Pubblichiamo la prima di una serie di guide sulla responsabilità sociale nel calcio europeo. Quella di oggi va alla scoperta della Premier League, modello che seguiamo da tempo con moltissimo interesse e ammirazione, in cui la Lega stessa fa capo ad un movimento che ha davvero pochi eguali al mondo. 

Dici calcio, responsabilità sociale, e il riferimento alla Premier League è presto fatto. Il campionato inglese è la terra del football nella comunità per eccellenza, grazie ad un movimento che praticamente da sempre cerca di restituire al territorio ciò che da questo riceve sotto forma di passione, supporto e vicinanza. 

Un successo garantito in parte dalla Premier stessa, che regola, facilita e alimenta questo impegno. Oltre ad ambire a fornire lo spettacolo migliore possibile sul campo e investire affinché questo accada, infatti, la Lega è in prima linea per raggiungere importanti risultati anche fuori, in un circolo virtuoso positivo per tutti.  

Il rapporto con il suo ecosistema sociale è principalmente garantito dalla Premier League Charitable Fund, fondazione che si occupa di promuovere, sostenere e coordinare un’ampia gamma di programmi che vanno dalle attività nelle scuole primarie e secondarie all’inclusione, dalla lotta alle discriminazioni all’employability

Un lavoro, questo, che trova un terreno peraltro estremamente fertile. Tutti i club hanno a disposizione risorse e competenze per esprimere al massimo l’impegno appena citato. Qualcosa che è frutto (anche, ma non solo) della grande tradizione che caratterizza la Premier e le sue compagini, al fianco della comunità in maniera strutturata e concreta praticamente da decenni. Ogni club tra i pro (solo l’Arsenal ha un approccio leggermente diverso) dispone di un‘organizzazione vera e propria (cosiddetta CCO, Club Community Organisation) che realizza progetti, promuove benessere e funge da agenzia educativa per il territorio. E in molti casi l’approccio è altamente specifico, con strategie pluriennali, bilanci d’impatto e analisi per capire dove e come agire con efficacia. 

Sociale, buon governo (visto il grande impegno, ad esempio, che accomuna tutto il movimento su questioni quali parità di genere, etica e rappresentanza), ma da qui a poco anche tanta attenzione all‘ambiente. Si, perché la Premier è decisa a fare passi in avanti importanti anche sulla sponda green, dando ulteriore impulso all’impegno in questo senso di molte delle sue rappresentanti (su tutte Liverpool, Arsenal, Tottenham e Southampton). Firmataria, in occasione della COP26 dello scorso novembre, dello Sport for Climate Action Framework delle Nazioni Unite, ha in programma una strategia dedicata per la fine del 2022. Ma nel frattempo, la sezione “environmental sustainability” è un argomento presente in tutti i progetti sociali sopra citati, con i giovani quale target da intercettare e coinvolgere (e sappiamo che soprattutto la Gen Z è attentissima a questi temi). Segnali della volontà di promuovere il cambiamento ad ogni livello del gioco possibile. 

Obiettivo della guida esclusiva che abbiamo realizzato è quindi quello di approfondire l’impegno di ognuno dei 20 club partecipanti alla prossima Premier, in un viaggio alla scoperta di tutti i risvolti della loro responsabilità sociale. Un modo, questo, di lasciarsi ispirare da un movimento che è oggettivamente più avanti di noi in questo percorso, cogliendo gli aspetti più interessanti per provare, perché no, ad emularne le gesta. Dall’educazione all’inclusione, dall’ambiente alla promozione del benessere, le sfide sono comuni, con questa condivisione di buone pratiche che può realmente diventare una soluzione molto efficace per crescere e migliorare. La partita, d’altronde, non conosce avversari. 

Per scaricare la guida completa, clicca di seguito: 

È online il Report CSR in Serie A 2020/2021

Seconda edizione della nostra indagine sulla responsabilità sociale tra i club del massimo campionato italiano di calcio. Un format rivisitato che prova a considerare quest’impegno nella sua piena accezione, ma stessoobiettivo:offrire un quadro dettagliato di questa dimensione per innescare un cambiamento.

Dodicesimi. Ancora dietro nazioni come Germania, Inghilterra, Spagna, ma in risalita di alcune posizioni rispetto alla stagione precedente (lo scorso anno eravamo diciassettesimi). È quanto emerso dall’ultimo Ranking RESPONSIBALL, piattaforma che ogni anno prova a scattare una fotografia del rapporto esistente tra il calcio internazionale e la responsabilità sociale, pratica sempre più importante anche in questo mondo.

Un lavoro al quale abbiamo partecipato direttamente anche noi di Community Soccer Report, occupandoci di raccogliere i dati sulla nostra Serie A e conseguentemente analizzarne la performance attraverso la lente che più preferiamo.

Un’esperienza che ci ha messo di fronte ad una situazione quantomeno “incoraggiante”. Ancora lontani, è vero, dai posti di maggior prestigio, con le prime che sembrano inarrivabili. Ma testimoni di un movimento comunque vivo, con alcuni club che, già oggi, vantano strutture, programmi e iniziative che valgono quelle dei top team europei (non mancano, a riguardo, riconoscimenti a livello continentale).

Un dato non scontato, soprattutto considerando il momento storico recente. Ragioniche ci hanno spinto ad approfondire ulteriormente questa situazione, provando a scavare tra i diversi ambiti che danno forma a questa dimensione del nostro calcio. Una decisione, oltretutto, legata al desiderio di dare continuità a quel percorso intrapreso l’anno scorso con la creazione del nostro primo report ‘CSR in Serie A 2019/2020.

In questa nuova edizione, in particolare, abbiamo provato a fare un passo in avanti rispetto alla precedente. Mettendo in pratica, innanzitutto, l’esperienza maturata negli ultimi dodici mesi, utile a capire sempre meglio il settore di nostro interesse. Ma anche e soprattutto provando a basarci su un approccio “nuovo”, il cosiddetto ESG (Environmental, Social & Governance’). Un tentativo, questo, di rifarsi a quei trend sempre più considerati anche nel football (vedi la recente strategia di sostenibilità dell’UEFA), volontà di indirizzare il dialogo verso quei criteri su cui anche il nostro calcio può e deve iniziare a fare affidamento.

Per scaricare il report completo, clicca nel file di seguito:

Qual è il rapporto tra i club di Serie A e la scuola? Un nuovo report esclusivo targato Community Soccer Report

La scuola rappresenta da sempre uno dei contesti di maggior interesse per i club calcistici. Un luogo in cui coltivare i “tifosi del futuro”, ma anche e soprattutto quello in cui esprimere al meglio il proprio ruolo di agenzie educative. Qual è, dunque, lo stato attuale dell’impegno della Serie A nella scuola? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda in un nuovo report esclusivo targato Community Soccer Report.  

Euforia, eccitazione, sorpresa, ammirazione, incredulità. Solo alcune delle emozioni che si possono incontrare quando un protagonista del mondo del calcio varca le porte di una scuola. Uno scenario comune, percepibile da qualsiasi foto o video che provi a raccontare un simile momento. E qualcosa che, parlando di esperienza personale, ho il privilegio di vivere quotidianamente, portando il fascino e l’appeal di un club professionista in decine di scuole del territorio. E le immagini sopra descritte sono davvero il pane quotidiano.  

Sarà dunque per questo che l’attenzione del mondo del calcio per la scuola sia da tempo diffusa e consolidata. Già dagli anni ’80, ad esempio, quando in Inghilterra prendeva forma il fenomeno ‘Football in the Community’, le attività nelle scuole erano quelle prevalenti, con i club che sfruttavano l’appeal del gioco per riconnettersi con le proprie comunità e avvicinare i più giovani. 

Un trend che negli anni (e non ci si poteva aspettare altro) si è sviluppato in tutto il continente. Una considerazione supportata anche da numeri e ricerche, evidenziando il grande interesse scaturito da questa sinergia. Ad esempio, uno studio del 2019 (‘CSR in Football. Exploring modes of CSR Implementation’, Zeimers et al.), citando il report dell’European Clubs Association (ECA) del 2016, riportava come l’educazione fosse la seconda area d’intervento più comune tra le attività di responsabilità sociale dei club, e che più della metà di queste iniziative fosse rivolta ai giovani, suggerendo come la scuola fosse uno dei luoghi prediletti in cui promuovere simili progetti. Una considerazione in linea con uno studio simile di qualche anno prima (‘CSR in European Football’, Walters & Tacon, 2011), dal quale emergeva addirittura che quasi il 90% dei club europei presi in esame realizzasse progetti di vario genere nelle scuole della propria comunità. Insomma, più di un’evidenza a conferma che il rapporto calcio-scuola funziona (da tempo), con anzi i protagonisti del mondo del pallone ben intenzionati a coltivarlo.  

A questo, la domanda che potrebbe sorgere è: per quale motivo questa relazione continua nel tempo ed è così largamente promossa? Le ragioni sono chiaramente diverse. Cinicamente, si potrebbe pensare che i club vedano nella scuola quel bacino di “futuri tifosi” che non possono permettersi di lasciare andare. Il che è tutto sommato un risultato plausibile, giocando su quei fattori emotivi ed esperienziali citati in precedenza, rendendo potenzialmente fattibile questo processo di affiliazione (soprattutto se coltivato nella giusta maniera).  

Tuttavia, ci piace pensare che siano soprattutto l’etica e la responsabilità i principali driver. Quella consapevolezza di poter avere un impatto positivo importante sulla vita di tanti giovani, conseguenza di una capacità unica (anche se sempre più minacciata) da parte del mondo del calcio e dei suoi esponenti di coinvolgereattirareintercettare e motivare le nuove generazioni, diventando veicolo diretto ed efficace di una moltitudine di messaggi.  

Quell’abilità, in altre parole, di essere modello universale che apre le porte ad una serie quasi infinita di opportunità. E che, parallelamente, si sposa con facilità a svariate tematiche educative. Dai valori sani positivi dello sport (di cui ovviamente il calcio può e deve farsi ambasciatore numero uno) alle life skills, quest’ultime capacità oramai ricercatissime e che sempre più metodi, anche attraverso lo sport, hanno dimostrato di saper affinare. E ancora, la promozione di stili di vita sani, la matematica, la sostenibilità ambientale, le materie scientifiche e la lettura.  

Come detto, innumerevoli possibilità che possono dare vita ad un’importante sinergia, ponendo il mondo del calcio ed i suoi esponenti in prima linea al fianco delle realtà scolastiche per la costruzione dei cosiddetti Patti Educativi di Comunità. Un approccio, introdotto dal MIUR, che vede la partecipazione di più enti del territorio nella condivisione di una missione educativa, di supporto, prevenzione e coinvolgimento dei giovani, da non lasciare solo alla scuola. Un’opportunità in cui davvero i club possono inserirsi per esprimere l’enorme potenziale sociale a disposizione e manifestare così la responsabilità che gli viene riconosciuta.  

Ma a proposito di ciò, come si sta comportando la nostra Serie A? I nostri club confermano quel trend europeo delineato in precedenza? E se sì, in che misura, attraverso quali iniziative e verso chi? Solo alcune delle domande a cui abbiamo cercato di rispondere in questo nuovo report esclusivo targato ‘Community Soccer Report’. Uno studio sul rapporto tra i club del massimo campionato di calcio e la scuola, che vuole investigare sullo stato di salute di questa sinergia educativa, scattando una fotografia dettagliata e approfondita di quel che realmente accade. Ma anche offrendo un riferimento utile a monitorare questo trend negli anni avvenire, tentando inoltre di delineare quelle che, secondo i dati, possono essere le aree su cui lavorare.  

La realizzazione dello studio è stata abbastanza semplice. Abbiamo preso le 20 squadre partecipanti al campionato di Serie A 2021/2022. Ne abbiamo passato in rassegna i canali ufficiali, o siamo andati a cercare qualsiasi notizia (da fonti certificate) parlasse di progetti o iniziative realizzate dai club nelle scuole del territorio (passaggio la cui efficacia è dipesa molto dalla frequenza con cui queste sono effettivamente condivise). Anche queste attività, purtroppo, hanno subito l’impatto devastante dell’uragano Covid-19. Motivo per cui abbiamo deciso di estendere la nostra analisi anche alle stagioni passate, andando a considerare quelle iniziative “ricorrenti e consolidate”, ripetute negli anni o che avranno buone possibilità di riprendere durante questa stagione (alcune di queste l’hanno effettivamente già fatto nei mesi precedenti). Una volta raccolte tutte le informazioni necessarie, queste sono state organizzate in diverse aree d’analisi. In altre parole, quegli elementi tipici dei progetti nel contesto scuola, da cui può dipenderne anche il risultato finale: durata e tipologia degli interventi, età dei partecipanti, format, etc. Insomma, tutte quelle caratteristiche in grado di dare un quadro ampio, dettagliato e completo.  

Per conoscere i risultati dello studio, clicca qui: