Calcio Special: conosciamo l’ASD Nessuno Escluso

Parte oggi un nuovo viaggio editoriale alla scoperta delle più interessanti realtà del calcio paralimpico e sperimentale, movimento che da qualche anno è diventato riferimento assoluto per le attività “sportinclusive” dei nostri Club. Prima tappa l’ASD Nessuno Escluso, che da 7 anni rappresenta la Juventus nelle competizioni sportive dedicate ad atleti con disabilità.

16 società della scorsa Serie A ne avevano una, numero già salito a 20 nella stagione in corso. Oltre alla massima divisione, anche diverse protagoniste delle categorie inferiori vantano un simile asset. E in molti stanno riuscendo ad arricchire l’esperienza dei rispettivi partecipanti con attività extra, allenamenti speciali o altre opportunità. Stiamo ovviamente parlando delle cosiddette “Squadre Special”, movimento legato all’impegno della Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale della FIGC, diventato in questi anni un vero e proprio punto di riferimento nazionale (e non solo) parlando di calcio inclusivo e adattato. Una realtà importante del nostro panorama calcistico, rappresentando forse anche l’unico progetto concreto e di respiro nazionale, capace quindi di coinvolgere tutti i club. Società che, come detto, dalla loro stanno anche cercando di ampliare le proposte al di là del “semplice” calcio giocato, ma invece costruendo attorno ad esso un’altra serie di opportunità.

Con questa premessa lanciamo oggi un nuovo filone dei nostri approfondimenti, dedicati appunto ad alcune delle realtà più virtuose di questo movimento già ricco. Prima tappa, l’ASD Nessuno Escluso, portacolori della Juventus, di cui abbiamo incontrato il Presidente, Massimo Miegge.

Partiamo da un’analisi di questa stagione, oramai già ampiamente oltre il giro di boa. Come è andato l’anno fino a questo punto?

È stata una stagione senz’altro interessante e sfidante. Siamo soddisfatti perché, da questa stagione, la Divisione ha aperto anche il torneo al quarto livello; un’importante evoluzione nel processo di inclusione che permette di coinvolgere molti atleti che, fino allo scorso anno, non riuscivano a partecipare attivamente al campionato della DCPS. Per quanto riguarda le squadre inserite nel primo e nel terzo livello abbiamo sinora raccolto sul campo dei risultati leggermente inferiori alle passate stagioni; il morale delle squadre si mantiene adeguato in ogni giornata di campionato; parallelamente siamo soddisfatti della costante richiesta da parte di nuovi utenti che chiedono di inserirsi negli allenamenti in maniera trasversale sui vari livelli di abilità. Bisogna inoltre rilevare come anche l’aspetto della sconfitta, inevitabilmente connaturato alla pratica agonistica, sia funzionale ad un progetto che ha come fine ultimo quello della crescita personale e sociale dell’atleta”.

Per chi non conoscesse la vostra realtà, possiamo chiederti di fornire una breve panoramica?

“Nessuno Escluso è un’associazione sportiva dilettantistica nata nel 2017. Ha raccolto l’importante testimone di un progetto di calcio per disabili avviato nel 2010, all’interno della cooperativa sociale Coesa di Pinerolo, a circa 30 km da Torino. Il progetto è stato avviato grazie all’ambizione di educatori professionali appassionati di calcio il cui obiettivo era creare una realtà sportiva e una metodologia specifica per aprire questo sport alle persone con disabilità cognitive.

Durante il percorso si sono uniti collaboratori a vario titolo e volontari che hanno portato competenze indispensabili per creare uno staff composto da giovani allenatrici e allenatori, fisioterapisti, preparatori atletici, allenatori dei portieri e una psicologa dedicata.

Attualmente ci rivolgiamo a ragazze e ragazzi dai 6 ai 60 anni con disabilità cognitiva, fisica o sensoriale, o una diagnosi di tipo psichiatrico. Operiamo sul territorio della provincia di Torino, dove si trovano le nostre sedi di allenamento.

Abbiamo una squadra che milita nel primo livello del campionato FIGC-DCPS, due gruppi che giocano nel terzo livello e, infine, un gruppo di trenta atleti che a turno giocano nel quarto livello.

Durante la stagione partecipiamo anche a diversi tornei in Italia ed Europa e siamo presenti nel torneo regionale di Special Olympics. Contemporaneamente, dal 2018 seguiamo le attività per bambine e bambini che teniamo a Pinerolo e che coinvolgono circa 25 partecipanti di età compresa tra i 6 e i13 anni.  Si tratta di un allenamento settimanale, pari alla stessa frequenza con cui si allenano anche tutti gli altri gruppi squadra, da inizio settembre a fine giugno”.

Da oramai diverse stagioni siete ufficialmente la “Squadra Juventus” nel campionato organizzato dal DCPS-FIGC. Come si inserisce quest’attività nel ventaglio di iniziative che promuovete?

Il calcio è lo strumento con cui promuoviamo, all’interno della società civile, il nostro messaggio di inclusione e la visione di una società accogliente e in grado di confrontarsi con la disabilità in maniera assolutamente normalizzante. Ovviamente utilizziamo il calcio come detonatore ed amplificatore di un messaggio che è prevalentemente sociale e sociologico e che si candida come nuovo metodo per relazionarsi con la disabilità e con la diversità in generale.

La collaborazione con la Juventus è nata nel 2017. Ci ha permesso di allargare la nostra offerta ed attualmente il nostro organico è composto da ottantacinque atleti per il progetto adulti, venticinque nelle attività per la fascia d’età più giovane e un team di ventinove figure tra dirigenti, tecnici e volontari che, a vario titolo, contribuiscono alla vita del progetto”.

Sempreparlando del rapporto con il Club bianconero, come funziona nel pratico? E quale, secondo te, il valore aggiunto di questa collaborazione?

“Il rapporto con Juventus è stato l’elemento centrale e fondamentale per accelerare la nostra mission di inclusione che intendiamo portare nella società civile. Infatti, fin dall’inizio è nata una sinergia importante perché siamo entrati a tutti gli effetti come una delle squadre del mondo bianconero; la maglia bianconera è una maglia importante che dà prestigio e possibilità di realizzare i nostri obiettivi un po’ più in grande.

Ci sono stati messi a disposizione risorse, mezzi, supporto tecnico-strategico e nuove opportunità per allargare il nostro cerchio di influenza, ma mettendo sempre, con noi, al centro le persone, i loro sogni e i loro bisogni.

Essere disabili non significa vivere in una condizione di inferiorità, di svantaggio. È un progetto sportivo, è importante rivendicare questo aspetto, e ha un impatto sociale molto importante, ma per noi è importante fare calcio. I nostri atleti sono trattati esattamente come qualsiasi altro atleta della società. Il calcio, per qualsiasi giocatrice o giocatore, rappresenta anche altri aspetti e questo vale anche per i nostri tesserati per cui diventa importante non solo esser parte di un gruppo squadra, ma anche perché lo sport può insegnare molto altro nella vita. Questo è un fattore molto importante e si è dimostrato il punto di forza di questa collaborazione”.

Dal nostro ultimo report sulla Sostenibilità in Serie A, è emerso che quella delle “Squadre Special” è una realtà oramai ben collaudata, rappresentando uno dei pochissimi programmi concreti e di respiro nazionale del nostro calcio. Sempre dai dati contenuti nel documento abbiamo inoltre notato anche la crescente volontà da parte di alcuni protagonisti di allargare il campo delle iniziative sul tema, proponendo altre opportunità al di là del “semplice” campionato FIGC-DCPS. Il vostro esempio è emblematico in questo senso, con la Juventus che vi coinvolge in vari progetti, su tutti quello nelle scuole. Come funziona l’iniziativa? E ce ne sono altre che ci puoi raccontare?

“Il nostro lavoro nelle scuole è iniziato in via sperimentale nel 2013, dalla necessità di far riflettere sensibilizzare e dare alle giovani generazioni un punto di vista più autentico sulla disabilità e sul concetto di inclusione.

In sinergia con Juventus abbiamo messo a punto un format educativo efficace, capace di coinvolgere attivamente le/i partecipanti attraverso momenti pratici, teorici, ma anche di testimonianza dei nostri atleti disabili, che in quell’occasione diventano docenti.

Questo ci permette di restituire alla disabilità la dignità che merita, portando alle ragazze e ai ragazzi il concetto che la disabilità non è un limite ma una delle possibili condizioni dell’esperienza umana.

Siamo dunque davvero entusiasti di veder il “nostro sogno” trasformato in vero e proprio metodologia per la relazione sociale a oltre diecimila studenti, centinaia di insegnanti e decine di dirigenti scolastici.

Inoltre, grazie al lavoro metodologico messo a punto con la facoltà di scienze dell’educazione di Torino, abbiamo informato di questa visione le nuove generazioni di educatori ed esperti della relazione e sono emerse diverse pubblicazioni in cui il nostro metodo di inclusione e conoscenza e valorizzazione della diversità è stato proposto nelle scuole come strumento per combattere e prevenire i fenomeni di devianza come, ad esempio, il bullismo”.

In un recente articolo, avete parlato della volontà di rafforzare le attività sportive per le fasce d’età più giovani. Salutandoti e ringraziandoti, come sta proseguendo questo percorso? E ci sono altri progetti per il prossimo futuro su cui state già lavorando?

È un’altra delle opportunità nate, appunto, dall’incontro con Juventus e dalla reciproca volontà di avere un impatto positivo sul territorio offrendo un momento ludico sportivo a bambine e bambini dai 6 ai 13 anni affetti da sindrome dello spettro autistico. Andando oltre le aspettative, l’attività ha dato risultati così soddisfacenti che tre partecipanti che l’anno scorso si allenavano con noi, da questa stagione sono stati inclusi a tutti gli effetti in un contesto che definiremmo normotipico di squadre giovanili del territorio. È un motivo di profondo orgoglio per noi poiché dimostra che durante il percorso e gli anni con noi, hanno acquisito un livello tecnico che ha permesso loro di sperimentarsi in un contesto più impegnativo, a dimostrazione di una reale inclusione.

Per il futuro intendiamo continuare su questa strada, intensificando la sinergia con il Club e i servizi del territorio con l’auspicio di poter vedere inserire sempre più utenti con disabilità nelle attività sportive.

L’obiettivo è quello di diffondere esempi concreti a supporto di una reale cultura inclusiva che veda inserire con le dovute attenzioni e formazione del personale dedicato, le bambine e i bambini disabili all’interno dei gruppi di allenamento. C’è molta strada da fare ma noi ci crediamo”.