Calcio Social Responsibility: focus sulla policy antirazzismo

Il secondo appuntamento con la rubrica dedicata alla strategia di sostenibilità della Serie A apre una finestra sulle azioni per prevenire e combattere ogni forma di discriminazione razziale. Un’occasione per approfondirne obiettivi e ambiti d’intervento, portare esempi di chi già avanti in questo percorso, ma provare anche ad amplificare il messaggio sociale proprio della giornata del 21 marzo. 

È il tema chiave di vari interventi proposti nelle scuole. Quello caratterizzante la maggior parte dei messaggi e delle campagne condivisi online dalle società, nonché l’argomento alla base di un quinto delle attivazioni promosse sul territorio. E seppur pochissimi  (3 società rispetto alla stagione 2022/2023) abbiano già formalizzato questo impegno inserendolo in una vera e propria strategia, con la maggior parte delle iniziative legate alla campagna nazionale della Lega, i numeri tratti dal nostro ultimo report “CSR in Serie A” ci dicono che, tutto sommato, non manca la consapevolezza circa la necessità di agire per contrastare questo fenomeno.  

Stiamo parlando del razzismo, piaga purtroppo ancora troppo presente nel calcio italiano (e mondiale), alla cui lotta è dedicata la Giornata di oggi, 21 marzo. Il ritorno della campagnaKeep Racism Out”, che in queste settimane sta caratterizzando il campionato con messaggi di sensibilizzazione e attivazioni varie, ci dice di una partita tutt’altro che già persa, ma invece ancora in corso per provare definitivamente a sconfiggere questo avversario.  

8/20 DIRITTI UMANI: ANTIRAZZISMO 

Con la propria strategia di sostenibilità pubblicata lo scorso luglio, e l’aspettativa che tutti i Club vi si adeguino al più presto, l’universo Serie A vuole provare a spostare l’inerzia di questo match, intensificando e allargando il campo dei propri sforzi. L’efficacia di questi interventi è affidata alla policy specifica “Antirazzismo”, il cui scopo è proprio quello di “combattere ed eliminare ogni forma di razzismo” nel proprio ecosistema e “prevenire episodi di discriminazione attraverso la diffusione di valori antirazzisti”.  

Prevenzione e azione emergono quindi come le due direttrici chiave dell’intervento, princìpi portanti le quattro aree d’azione che articolano la policy. Da un lato, quindi, l’impegno ad anticipare possibili episodi attraverso interventi formativi, normativi e regolamentari, coinvolgendo a vari livelli un’ampia platea di soggetti (dai dipendenti agli addetti ai lavori, passando per gli atleti ma anche e soprattutto i più giovani). Dall’altro, e a completamento di ciò, investimenti e ricerca di soluzioni (per lo più tecnologiche) per agire con efficace tempestività nei confronti di tutti quegli episodi che tutt’ora si verificano sia negli impianti che (soprattutto) online.  

Ma vista l’ampia platea che si vuole raggiungere e il tenore dell’avversario, questo percorso strategico non può prescindere anche da uno sforzo sinergico con altri compagni di squadra. Per la Serie A, questi rispondono al nome di Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, con cui è stato rinnovato lo scorso anno un protocollo d’intesa. Oppure CSI, che anche quest’anno sta accompagnando la Lega in giro per l’Italia con la Junior Tim Cup, rivolgendo ai giovani l’attenzione di questo messaggio sociale.  

Tuttavia, il maggior contributo dovrebbe arrivare presto dai Club, il cui compito sarà quello di amplificare e rafforzare il messaggio della Serie A sia attraverso la partecipazione alle campagne proposte, che soprattutto sviluppando un proprio percorso strategico ispirato ai pilastri fondamentali della policy (prevenzione, azione, collaborazione). Un’unica squadra, insomma, per un obiettivo comune quanto mai necessario: “annullare tutti gli episodi di razzismo negli stadi di A entro il 2030”.  

LE BEST PRACTICE INTERNAZIONALI COME ULTERIORE ACCELERATORE 

Con la speranza che questo traguardo arrivi ben prima del periodo stabilito, e dal livello “consapevolezza” si passi presto a quello dell’azione concreta, una soluzione per accelerare questo processo potrebbe passare – soprattutto per quei Club all’inizio del proprio percorso – dal volgere lo sguardo fuori dai confini nazionali, lasciandosi ispirare da chi già in possesso di strumenti efficaci ed esperienza in questa partita.  

L’esempio del Chelsea con “No To Hate” 

L’Inghilterra è un passaggio obbligato quando si parla di impegno sociale. Non a caso si parla di “modello Premier”, etichetta più che valida anche quando ci si riferisce alle azioni contro il razzismo (fenomeno purtroppo ancora presente oltremanica). 

Tra le (tante) eccellenze in questo senso, l’esempio del Chelsea rispecchia in buona parte l’impostazione data dalla A, candidandosi così a buon esempio a cui fare riferimento. Lanciato nel marzo 2021 (ma con azioni in corso già dal 2019), “No To Hate” si pone come ampio programma finalizzato a educare il proprio ecosistema e contrastare ogni forma di discriminazione (compresa quella razziale). Tre gli obiettivi principali, partendo innanzitutto da interventi per l’identificazione e l’azione contro gli episodi di razzismo (sfruttando, tra le varie, anche un sistema di QR Code apposti sui seggiolini di Stamford Bridge per incoraggiare i tifosi a segnalare questi episodi). Buona parte del progetto si gioca poi attraverso i numerosi programmi scolastici promossi dalla Fondazione: interventi offerti a partecipanti di varie età su base continuativa e ricercando un coinvolgimento a lungo termine, che è ad oggi un tassello mancante all’offerta Serie A. Il tutto è, infine, completato anche da attività educative (e non solo) dedicate ai supporters group del Club, campagne speciali (spesso lanciate in occasione di Giornate di sensibilizzazione, che però poi diventano continuative nel tempo), oppure interventi volti ad abbattere barriere oggi presenti e offrire opportunità ai gruppi meno rappresentati, intervenendo appunto sulle dimensioni culturale e partecipativa.  

Insomma, un programma articolato, e a sua volta tassello del più ampio impegno dei Blues per l’equità, la diversità e l’inclusione – perfettamente raccontato nell’annuale bilancio (QUI quello relativo alla scorsa stagione) – che la Premier ha riconosciuto come eccellenza assoluta tramite il sistema di certificazione “PLEDIS”.  

Altre iniziative dal resto dell’Europa 

Il progetto scolastico del Malmo FF si presenta come format interessante considerando la somiglianza con le attività promosse dai nostri club nello stesso contesto (almeno il 50% propone attivazioni rientranti nella dicitura “Scuole Allo Stadio”). Qualcosa che abbassa, in un certo senso, possibili sforzi logistici trattandosi di qualcosa già avviato e conosciuto. Gli svedesi sfruttano questo programma organizzando un torneo interscolastico dove il tema principale è proprio il contrasto al razzismo, associando attività formative – promosse nelle settimane prima e durante la manifestazione – anche grazie alla collaborazione con associazioni locali. Il torneo diventa quindi solo un “gancio”, un veicolo, per un messaggio ben più profondo.  

Guardando sempre alla dimensione valoriale e educativa, interessante (e originale) l’esempio del Club Brugge. Qualche stagione fa i belgi hanno pubblicato un libro (intitolato “The Bear and It’s Scarf”) la cui storia – usando la mascotte del club come protagonista – aveva l’obiettivo di unire più generazioni e diffondere un messaggio contro ogni forma di discriminazione razziale. Come dicevamo, un’iniziativa abbastanza originale, che strizza l’occhio anche al marketing, alla comunicazione e al fan engagement, dimensioni che più volte si intrecciano con le proposte delle protagoniste del nostro calcio, rappresentando per questo un format da approfondire. 

La proposta del Borussia Dortmund guarda invece direttamente ai tifosi. Alcune attività del più ampio programma “Fan-Projekt Dortmund eV” prevedono infatti l’utilizzo delle partite casalinghe come occasioni per formare, sensibilizzare e instaurare un dialogo positivo con i fans attraverso incontri dedicati al tema (perfettamente in linea con il punto “prevenzione” citato in precedenza). Un modello simile l’ha utilizzato qualche settimana fa la Roma (pur per una causa diversa), a dimostrazione che si tratta di una strada percorribile anche da noi. 

Impossibile, infine, non prendere in considerazione beneficenza e sensibilizzazione, canali sociali caratterizzanti l’impegno dei nostri Club. Per questi ambiti, l’idea potrebbe essere quella di sostenere charity, associazioni e organizzazioni già attive sul tema, mettendo a disposizione risorse e/o visibilità utili ad ampliare la portata del loro lavoro. Esempi di come questo stia già materializzando li abbiamo recuperati in MLS, dove è abbastanza comune associare simili iniziative solidali a campagne più ampie (e idealmente non limitate al singolo episodio). Oppure, per citarne un’altra, organizzazioni come FARE Network lanciano annualmente delle week of action (più volte sostenuta anche da protagonisti del calcio) per alimentare dialogo, sinergie e azione nella partita contro il razzismo.  

Insomma, gli spunti non mancano. La palla ora passa ai club, da cui ci aspetta una risposta tempestiva e credibile. Credibilità che passerà, soprattutto, dalla capacità di rendere continuativo e intenzionale l’impegno messo in campo, da costruire quindi attorno a direttive chiare e specifiche, che non si limitino a iniziative isolate. Lo impongono UEFA e Serie A, lo suggeriscono gli esempi virtuosi portati, e soprattutto lo chiede il futuro del calcio.