Sport e Sostenibilità, un binomio vincente. I quattro punti emersi dal Webinar organizzato da Ecoevents e Lega Ambiente

Si è tenuto lo scorso 13 maggio il webinar ‘Sport e Sostenibilità: un binomio vincente’, promosso da Legambiente ed Ecoevents, marchio della rete Ambiente e Salute dedicato alla certificazione degli eventi in ottica sostenibile.  

Un appuntamento definito da molti “unico nel suo genere”, soprattutto in Italia dove queste tematiche (specialmente se considerate insieme) sono ancora abbastanza nuove. Un panel che quindi segna un punto di partenza importante per intraprendere un percorso che veda lo sport abbracciare la sostenibilità (intesa nella sua accezione più ampia e completa, ovvero ambientale, sociale ed economica) e promuoverne la diffusione

A partecipare all’evento, oltre ad esponenti di spicco del mondo sportivo e calcistico italiano, (tra cui anche campioni del calibro di Javier Zanetti, Morten Thorsby e Federica Brignone) c’eravamo anche noi di Community Soccer Report, provando a dare il nostro contributo in virtù dell’esperienza maturata in questi mesi.  

Un’opportunità che però abbiamo voluto anche sfruttare per studiare e analizzare le testimonianze dei presenti, raccogliendone idee e spunti principali e provando ad utilizzarli per fissare quei paletti necessari ad indirizzare il percorso sopra citato.   

1. UN NUOVO RUOLO PER LO SPORT E I SUOI INTERPRETI 

Uno dei concetti maggiormente enfatizzati è stata la necessità che lo sport (e quindi anche il calcio quale suo esponente principale) assuma finalmente consapevolezza circa la sua reale possibilità di essere motore e catalizzatore della rivoluzione sostenibile.  

In altre parole, trasformare quel riferimento a “binomio vincente” da “auspicio” a “effettiva convinzione”, come suggerito da Andrea Abodi (Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo e Manager di lungo corso), permettendo così allo sport di sprigionare il suo potenziale quale strumento capace di portare benefici alla società civile e dire la sua nelle sfide prioritarie dell’agenda Paese

Sfide che peraltro rappresentano un’importante opportunità anche per il mondo dello sport, come puntualmente ricordato da Francesca Buttara (Responsabile Relazioni Istituzionali e Comunicazione della Lega Pro), per le quali le organizzazioni possono e devono giocare un ruolo da assoluti protagonisti nel rilancio post pandemia del Paese, in cui guarda caso i temi principali riguardano ambiente, sociale ed economia.  

In questo, infine, vediamo la necessità che tutti i suoi principali protagonisti giochino la loro parte, sfruttando appieno la piattaforma che hanno a disposizione. E in questo ci riferiamo soprattutto al ruolo degli sportivi professionisti, dotati anch’essi di una responsabilità sociale e quindi dI reali possibilità di contribuire alla causa. Ben vengano, dunque, esempi come quelli di Emmanuele MacalusoFederica Brignone e soprattutto Morten Thorsby, attivi e impegnati in campagne di sostenibilità come sempre più colleghi stanno facendo (si vedano i casi più noti come quelli di Marcus Rashford a favore della povertà infantile, o Héctor Bellerín al fianco della causa ambientale). Questa è la nuova veste che ci si aspetta lo sport e i suoi interpreti assumano con sempre più frequenza e consapevolezza.  

2. LA NECESSITA’ DI FARE SISTEMA 

Ma chiaramente, questo è un percorso che l’universo sportivo non può intraprendere in solitaria, anche considerando la caratura delle sfide in questione e le difficoltà di partenza derivanti dalle circostanze in cui tanti settori sono costretti.   

Invece, come più volte menzionato durante l’evento, è fondamentale saper “fare sistema”. Agire, quindi, come una squadra, attraverso un programma strutturato che veda la partecipazione coordinata di più soggetti (anche appartenenti a mondi diversi), per far sì che le potenzialità e le opportunità in gioco si possano non solo materializzare, ma addirittura moltiplicare

Un passo che richiede, innanzitutto, uno sforzo in termini di mentalità, iniziando a ragionare veramente come collettivo mosso da un obiettivo comune. Un aspetto che, come ha sottolineato il già citato Emmanuele Macaluso, purtroppo non è mai stato proprio del nostro Paese, “ricco di individualità ed eccellenze uniche”, ma in cui è scarsa la “tendenza a fare squadra”. Invece, servirebbe davvero avere “la forma mentis, l’umiltà e la volontà di condividere le proprie esperienze e il proprio impegno con gli altri”.  

Un discorso che chiama in causa non solo la necessità di collaborare con le altre realtà del proprio mondo, ma anche e soprattutto con le istituzioni a vari livelli, soprattutto se vediamo lo sport impegnato in quelle sfide collettive sopra citate. E in questo senso, è stata molto positiva l’apertura dell’Onorevole Rossella Muroni durante l’evento, per cui è tempo davvero che mondo sportivo e politico inizino a collaborare, nella consapevolezza che entrambi possano trarre beneficio ed efficacia da questa cooperazione. 

Ed effettivamente, esempi positivi in linea con questo discorso non mancano. L’Inghilterra su tutti, in cui il tanto celebrato fenomeno ‘football in the community’ è frutto dell’appoggio, negli anni, dei vari governi (che hanno addirittura dato ai club la responsabilità di occuparsi di importanti questioni sociali), oltre che della sinergia diffusa tra società, federazione e leghe. O la stessa Francia, il cui dicastero dello sport promuove regolarmente occasioni di confronto e miglioramento per tutto il sistema. Solo un caso, quindi, che la Ligue 1 e Premier League siano ai primi posti nel Responsiball Ranking 2020

3. RIVEDERE IL CONCETTO DI COMPETITIVITA’ 

Facevamo prima riferimento alla dimensione culturale, necessaria per quel cambio di mentalità che possa permettere di ragionare in altri termini parlando di responsabilità sociale e promozione della sostenibilità.  

Ebbene, per raggiungere questo traguardo è fondamentale che le organizzazioni sportive pensino a sé stesse come entità non solo votate all’attività sul campo, ma anche capaci di promuovere e generare cambiamenti al di fuori, diventando punto di riferimento per il proprio territorio e la società in generale.  

Una svolta che preveda, quindi, una rivalutazione del concetto di competitività, che trascenda le logiche del campo, ma che sappia riguardare anche altri contesti. Un club vincente diventa dunque quello capace di eccellere e ottenere vittorie dentro e fuori dall’ambito sportivo, raggiungendo obiettivi anche in quelli ambientale e sociale per esempio. Anche perché, come puntualmente ricordato a più riprese durante l’evento, la “sostenibilità è un elemento che da vantaggio competitivo”, un “driver per generare valore”

Significativo è stata, a riguardo, la testimonianza Javier Zanetti, vicepresidente del club neocampione d’Italia, che ha voluto ricordare come sia fondamentale cercare di essere i migliori a 360°, non solo in campo. Un testimone passatogli dalla Juventus, altro esempio rilevante, da anni numeri uno in Italia anche per aver saputo creare un modello di società vincente in tutti gli ambiti in cui “compete”.  

Ma c’è bisogno di iniziare questa rivoluzione culturale subito. Perché l’Europa corre, come certificato dal diciassettesimo posto della Serie A nella classifica di Responsiball. E soprattutto perché è un processo che richiede tempo (la Juventus l’ha iniziato questo percorso da quasi dieci anni, la Premier addirittura dagli anni ’80). L’ennesima sfida per il calcio, generalmente non abituato a ragionare a medio lungo termine, ma da affrontare e vincere a tutti i costi se vuole colmare il gap e tornare ai posti che ci competono nel calcio internazionale, dove la competitività ha assunto oramai tutta un’altra forma.    

4. CREARE CULTURA VERSO LA SOSTENIBILITA’ 

Infine, come è possibile creare questa nuova cultura sostenibile? Ebbene, l’educazione e la formazione devono essere quelle pratiche che possano facilitare ed innescare questa rivoluzione che tanto auspichiamo, cercando di far acquisire una sempre maggiore consapevolezza a tutti gli interpreti del mondo sportivo circa il ruolo che gli compete.   

Un concetto ripreso anche da Francesca Buttara (Lega Pro), con la Serie C che durante questa stagione ha intrapreso un percorso con i club per formare quelle figure che poi si occupano concretamente di “mettere a terra” strategie e piani di responsabilità sociale. Un’esperienza che possa dotarli delle competenze necessarie per capireapprezzare e guardare al tema come un beneficio, un vantaggio, non un costo. Una considerazione (la consapevolezza da parte del management) che Andrea Maschietto (Juventus) ha sottolineato essere uno dei criteri fondamentali per iniziare un percorso simile. 

Ma vediamo questo discorso non solo vicino a chi si occupa della governance. Piuttosto, esteso anche alla creazione di figure che poi si debbano effettivamente occupare della realizzazione dei progetti, riflesso pratico dell’impegno che si vuole intraprendere. Un po’ come viene fatto in Inghilterra, dove club e università collaborano, ad esempio, a corsi educativi per formare i professionisti che andranno a popolare l’universo ‘football in the community’.  

E poi, ovviamente, questa cultura sostenibile deve essere promossa anche all’interno del territorio, affinché tutta la società inizi a ragionare in questi termini. Prendere esempio, dunque, da quei progetti già realizzati da tanti club in Italia (Cagliari, Juventus, ecc.) e all’estero (Premier League, Bundesliga, ecc.) per assecondare finalmente quel ruolo di agenzie educative che più volte abbiamo affidato alle organizzazioni sportive, e mai come oggi abbiamo bisogno per rendere il binomio sport e sostenibilità non più un auspicio, ma una concreta realtà.  

Per rivedere il video completo dell’evento, clicca qui.