RETE! Riparte il progetto d’inclusione sociale della FIGC

Tutto pronto per il ritorno del programma della Federazione dedicato ai giovani stranieri ospiti delle strutture di accoglienza presenti sul territorio nazionale. Un’edizione 2022 ricca di novità che ha già fatto registrare diversi record. Ne abbiamo parlato con Vito Tisci, Presidente del Settore Giovanile e Scolastico.

Inclusione sociale e calcio. Due dimensioni apparentemente lontane tra loro, ma una sinergia che da sempre tentiamo di promuovere e capire, consapevoli che la prima possa seriamente trovare nel secondo un alleato forte su cui contare (nella giusta misura, ovviamente).

Una convinzione tutt’altro che improbabile, anche perché esempi positivi in questo senso non mancano. Eppure, la Serie A si trova ancora indietro in questo percorso, con solo pochissimi club che possono vantare simili progettualità nel loro ventaglio di proposte (l’ultima nostra indagine sulla responsabilità sociale nella massima serie calcistica ne ha individuate solo un paio).

Ma il paradosso è che la stessa Italia è potenzialmente quel luogo in cui cercare la scintilla utile a mettere in moto questo movimento, essendoci un modello ben avviato, strutturato e diffuso su scala nazionale che potrebbe seriamente rappresentare questo necessariopunto di partenza.

Stiamo parlando di RETE! progetto promosso dal Settore Giovanile e Scolastico della FIGC. Un’iniziativa dedicata a tutti quei giovani ospiti di numerose strutture di accoglienza sparse lungo tutto il territorio nazionale, che ha, tra gli altri, l’obiettivo di favorire processi di inclusione, promuovere comportamenti positivi e migliorare la comprensione dell’importanza dell’attività fisica. E questo proprio attraverso il calcio, mezzo attraverso cui veicolare questi messaggi e attività complementare di un percorso di sviluppo a 360° che prosegue anche fuori dal rettangolo verde.

ROME, ITALY – OCTOBER 11: A general view during FIGC “Progetto Rete” Final Four 2020 on October 11, 2020 in Rome, Italy. (Photo by Giuseppe Bellini/Getty Images)

Insomma, un format estremamente interessante ed esempio positivo da capire, approfondire e, perché no, riproporre in altri contesti. Abbiamo provato ad avviare questo processo insieme a Vito Tisci, Presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federazione.

L’ottava edizione di RETE Refugee Teams è alle porte, con le iscrizioni che hanno fatto registrare un record di partecipanti, già più alto dello scorso anno. Per cominciare, possiamo chiedervi una panoramica generale del progetto?

Anche per il 2022, FIGC e il Settore Giovanile e Scolastico (SGS) hanno dato continuità a un progetto sociale diventato punto di riferimento per favorire l’integrazione attraverso il calcio. Il lavoro svolto dal 2015 a oggi, in collaborazione con il Ministero dell’Interno, l’ANCI, la Fondazione Cittalia e il Servizio Centrale SAI, e con il supporto di Eni e Puma, ha permesso una crescita continua e costante.

Sulla falsa riga di quanto avvenuto nella settima edizione, che ha fatto registrare ben 1.300 partecipanti, Rete 2022 coinvolgerà oltre 2.000 minori stranieri accolti nelle strutture di tutto il territorio nazionale. Uno sviluppo considerevole in termini di adesioni, che attraverso i numeri rappresenta una capillarità che arriva in decine di comuni di tutta Italia.

Questi incrementi, caratterizzati da un grande senso di partecipazione e collaborazione da parte dei centri di accoglienza coinvolti, attestano la validità del lavoro svolto e la competenza, tecnica e soprattutto umana, degli staff regionali SGS che seguono a livello locale le attività, e che in questi anni hanno attivato una rete di rapporti tra tutti gli attori coinvolti (FIGC, SGS, centri di accoglienza, società sportive, enti locali) favorendo un vero e proprio asset finalizzato all’inclusione.

Con oltre 140 strutture iscritte, parliamo ormai di oltre 80 tecnici qualificati, impegnati settimanalmente in sedute di allenamento contestualizzate ai beneficiari del progetto. Perché l’attività si rivolge a tutti, anche a quei ragazzi non preparati all’impegno sportivo che siamo abituati a riconoscere nei loro coetanei tesserati per le società sportive, oppure altri per cui il calcio non è lo sport di riferimento (provenendo da paesi culturalmente “meno calcistici” come Pakistan o Bangladesh).

Ma non è importante la qualità tecnica, che pure in diversi ragazzi è molto spiccata (ogni anno alcuni dei partecipanti a Rete hanno modo di essere tesserati per le società del territorio). Il progetto, infatti, non ha finalità di scouting o di selezione, ma mira soprattutto a consentire a ragazzi in condizioni di marginalitàdi avere un accesso a una pratica sportiva qualificata, funzionale alle loro capacità e che, attraverso la sinergia con le società sportive locali, favorisca un’attività assieme ai ragazzi italiani per favorire, come detto in precedenza, un processo di integrazione, che il calcio può senza dubbio facilitare.

Quali le novità in programma per il 2022?

Oltre al format tecnico-sportivo, in questa edizione, la principale novità è rappresentata da quanto sviluppato in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che dal 2015 è stata parte fondamentale del progetto per il lavoro di monitoraggio scientifico in merito all’impatto di Rete sui destinatari.

Quest’anno, dopo una simile iniziativa realizzata per la scorsa edizione, è stato lanciato il primo Corso Grassroots Entry Level in Social Football, destinato in primis agli operatori sociali dei centri di accoglienza e ai tecnici che operano nelle strutture di accoglienza.

Abbiamo appena citato la dimensione formativa del programma, dedicata anche e soprattutto agli operatori la cui competenza può davvero fare la differenza. Possiamo conoscere qualche dettaglio in più di questo corso e del metodo in sé?

La formazione e il supporto scientifico di un’università come la Cattolica del Sacro Cuore sono un aspetto fondamentale che si sviluppa parallelamente alla parte tecnico-sportiva, avvalendosi di professionisti del settore.

Lo scorso anno, come accennato, è stato proposto un accurato corso su Sport e Integrazione, che ha trattato temi molto importati e delicati come i processi migratori, i diritti umani e la gestione di personale in condizioni di fragilità e marginalità.

Per l’ottava edizione di Rete, è stato deciso di improntare la didattica soprattutto sulle modalità di trasmissione dei contenuti direttamente sul campo (activity based learning) e adattata a contesti senza dubbio più complessi rispetto ai canoni di una società sportiva.

Il corso, che si rivolge in particolare agli operatori sociali delle strutture coinvolte, è finalizzato al trasferimento delle competenze necessarie per poter sviluppare e condurre un’esperienza sportiva contestualizzata ai diversi target di riferimento. Il percorso didattico mira soprattutto a valorizzare e formare le risorse umane che operano nei contesti sportivi non formali a cui si rivolge l’attività, con l’obiettivo di lasciare una vera legacy professionale sul territorio e dare ulteriore corpo alla rete generata in otto anni di progettualità.

In particolare, il corso si articola in quattro aree specifiche. Innanzitutto metodologica, focalizzata sull’organizzazione delle attività adattate alle capacità dei destinatari e sulla condotta di un allenamento in linea con la realtà di riferimento, che ovviamente da struttura e struttura può cambiare radicalmente (perché coinvolgere un giovane proveniente dall’Asia che non parla italiano e inglese, e che per questioni culturali e senz’altro più incline al cricket che al calcio, è molto più complesso rispetto a una seduta di allenamento con i suoi coetanei italiani tesserati per una formazione Under 17). Eppure, grazie a un approccio soprattutto molto empatico, come per l’edizione scorsa, anche quest’anno abbiamo circa 400 ragazzi proveniente dal Subcontinente indiano.

La seconda area formativa è quella pedagocico-educativa, che tratterà temi legati appunto alla pedagogia, all’organizzazione dei servizi socioassistenziali e alla devianza minorile degli adolescenti. Perché non dobbiamo dimenticare il background di questi ragazzi, accolti in Italia ma privi della famiglia, e il trauma che hanno vissuto e probabilmente ancora vivono.

Proprio in considerazione del target di riferimento e della condizione conseguente a ciò che hanno passato prima di essere accolti nel nostro Paese, è stata prevista un’area medica, di prevenzione e benessere. Questa intende trasferire ai partecipanti quegli elementi necessari, innanzitutto, per comprendere in modo più completo gli aspetti legati alla salute attraverso competenze mirate sul lato psicofisico dei ragazzi, e contestualmente degli elementi di carattere psiconutrizionale per favorire un’attività sana e funzionale.

Infine, nell’ottica dell’attività sportiva, è stata sviluppata l’area sulle competenze trasversali, un tema molto specifico per chi lavora nel campo dell’inclusione e fondamentale per ciò che attiene i rapporti e comportamenti che si possono innescare in un gruppo.

Altro aspetto interessante e rilevante del progetto è il torneo finale, svolto dalle vincitrici dei fasi locali precedenti. Come è organizzata questa manifestazione: prevede solo calcio giocato o anche altre attività (ad esempio educative a margine del torneo)? E nonostante questa fase, l’attività continua a livello locale anche per le squadre non qualificate?

L’evento finale in realtà rappresenta solo la conclusione, seppur di grande impatto e visibilità, di un percorso durato mesi, con gli allenamenti settimanali presso le strutture coinvolte. La fase nazionale 2021 si è svolta nella splendida cornice dello Stadio dei Marmi di Roma, con 8 squadre finaliste e un centinaio di partecipanti.

Senza dubbio è lo splendido atto finale di un viaggio iniziato molto prima e finalizzato in particolare a trasmettere valori positivi e sfruttare la parte sportiva per avviare dei processi di inclusione, integrazione e benessere personale tra i beneficiari e il tessuto sociale in cui vivono. Ed è proprio in virtù di quanto trasmesso con regolarità dagli staff regionali SGS, che è stato e sarà possibile vivere esperienze come quella di Roma o quelle altrettanto emozionanti degli anni precedenti, alle quali i ragazzi arrivano dopo aver disputato un vero e proprio torneo su base nazionale, con fasi regionali e interregionali.

Ma la parte più importante dell’intero progetto è, appunto, il lavoro mirato e qualificato svolto a livello locale con i ragazzi e gli operatori, che non è prettamente tecnico, ma soprattutto educativo (abbiamo riscontrato dei progressi comportamentali nei ragazzi davvero notevoli) e formativo. Come sottolineato in precedenza, l’obiettivo di Rete non è l’organizzazione di un torneo, ma utilizzare il calcio, e quindi anche una bella manifestazione, come veicolo per favorire l’inclusione e il benessere.

Inclusione e integrazione sociale sono due ambiti nei quali il calcio può davvero dire la sua, con tanti esempi di progetti vincenti in giro per l’Europa. Tuttavia, si tratta di tematiche alquanto complesso (secondo la nostra indagine CSR in Serie A 2020/2021 sono pochissime le società realmente impegnate in questo genere di iniziative), che non possono prescindere da un lavoro fatto anche al di fuori del campo di gioco. Quali altre attività sono previste in questo senso, e quale il ruolo della FIGC in queste?

La particolarità del lavoro svolto dalla FIGC consiste nel dedicare operativamente alle attività di responsabilità sociale una struttura, il Settore Giovanile e Scolastico, specializzata nello sviluppo tecnico e educativo, diffusa su tutto il territorio nazionale. Ciò comporta un approccio progettuale e integrato alle attività di responsabilità sociale o meglio di “Calcio Sociale” ovvero di utilizzo del gioco del calcio come strumento educativo finalizzato all’inclusione sociale.

Per questo motivo dopo il successo riscontrato dal progetto Refugee Teams, il Settore ha costituito un vero e proprio contenitore mediatico per la comunicazione delle proprie iniziative denominato per l’appunto “RETE– Social Football”: raccontando in tal modo e diffondendo le proprie best practice dall’inclusione dei minori rifugiati non accompagnati  al coinvolgimenti dei ragazzi e degli operatori degli Istituti penitenziari minorili, dai progetti socio-educativi delle scuole calcio riconosciute ai progetti di prevenzione alla marginalizzazione dei ragazzi in situazioni a rischio. Si tratta di un modello e di opportunità che mettiamo a disposizione di tutte le società sportive giovanili, dilettantistiche e professionistiche.

RETE, così come altri progetti della Federazione, possono essere considerati dei modelli potenzialmente sfruttabili anche da altre organizzazioni calcistiche, che possono quindi fare affidamento su format consolidati da declinare nel proprio territorio. Un po’ come accade in Premier, ad esempio, dove questo modus operandi è abbastanza comune. Ci sono stati esempi di club professionistici con cui avete collaborato in maniera simile, creando dunque quel precedente che speriamo possa essere ripreso anche da altri?

RETE è già un modello a livello internazionale e per diversi anni è stato supportato dalla UEFA attraverso gli HatTrick Programme specifici per questo tipo di iniziative. Da sempre, nel corso del progetto a livello locale, viene attivata una forte sinergia con le società sportive del territorio, con l’obiettivo di favorire un’attività in campo assieme ai ragazzi italiani tesserati.

Spesso ci troviamo in piccoli centri, dove non sono presenti club professionistici. Negli ultimi due anni, però, è stata avviata una stretta collaborazione con il Palermo Calcio, che si è tradotta in un affiancamento tecnico in alcune sedute di allenamento presso i centri di accoglienza palermitani e nella possibilità di utilizzare il Renzo Barbera per due fasi di gioco siciliane. L’auspicio è chiaramente sempre quello di migliorarsi e valorizzare ulteriormente queste opportunità.

Per concludere, una panoramica sulle altre iniziative del progetto RETE: Freed by Football e Zona Luce. Quali novità previste per queste attività nel 2022?

Le ultime stagioni sono state caratterizzate da un’emergenza sanitaria che ha inciso molto sulle attività del Settore Giovanile e Scolastico. Nel 2021, oltre a Rete, in collaborazione con la Fondazione ScholasOccurrentes, con il supporto scientifico dell’Università Cattolica di Milano, è stato sviluppato Zona Luce, un progetto rivolto agli operatori di polizia penitenziaria e ai detenuti degli istituti circondariali minorili, con lo scopo di tutelare e rafforzare il valore educativo, morale e culturale del calcio attraverso un percorso per la formazione di istruttori sportivi, finalizzato a trasferire ai destinatari le necessarie competenze per poter proseguire un’attività nel mondo del calcio a fine pena. Nonostante la situazione emergenziale, Zona Luce è stato portato avanti con ottimi risultati avanti nelle strutture di Nisida (Napoli), Roma e Torino e ha gettato le basi per essere replicato in altre città nei prossimi mesi.