E se le Società di calcio diventassero delle B Corp?

Il Grismby Town, società inglese di quinta divisione, potrebbe essere il primo club calcistico al mondo a diventare una B Corp, società che integra nel proprio oggetto sociale lo scopo di avere un impatto positivo sulla propria comunità. E se questa novità diventasse prassi nel mondo del calcio? Lo abbiamo a chiesto Luca Guarneri, Evolution Guide di Nativa.  

Lo scenario è abbastanza comune. Un ricco imprenditore, costruitosi nelle più importanti metropoli dell’Occidente, che decide di tornare nel luogo d’origine e acquistare il club di calcio locale, con il sogno di risollevarlo dopo le ultime deludenti stagioni.  

È questa, in breve, la storia di Jason Stockwood, imprenditore britannico che qualche mese fa, insieme al socio in affari Andrew Pettit, è diventato il nuovo proprietario del Grimsby Town FC, club di quinta divisione inglese risiedente nella città natale dei due uomini d’affari. Un luogo che negli anni ha vissuto un lento e inesorabile declino dal punto di vista economico, con gli inevatili problemi di natura sociale conseguenza di questo infelice scenario, tra cui la mancanza di opportunità lavorative e il generale senso di abbandono.  

Motivi in più per provare a fare qualcosa, aiutando Grimsby a staccarsi dal ricordo di un passato florido e produttivo, per guardare al futuro con maggiore prospettiva e positività. Un approccio che, peraltro, ha caratterizzato il percorso di vita di Stockwood, nato e cresciuto tra mille difficoltà, ma riuscito a uscirne con sacrifici ed abnegazione. Un’esperienza che ha ispirato la sua avventura alle redini del club del Lincolnshire, vedendo nella squadra bianconera un’istituzione mai tramontata capace di unire il popolo e far rinascere quel senso di appartenenza e orgoglio, motore della ripartenza della comunità.  

È per questo motivo che Stockwood e Pettit, oltre a promesse relative al restyling degli impianti del club e i necessari interventi dal punto di vista sportivo, hanno deciso di mettere al centro del loro progetto i tifosi e il territorio, impegnandosi a perseguire anche obiettivi di sviluppo sostenibile (nell’accezione più ampia del termine).  

Ma non è tutto. Perché pare che questo impegno possa diventare qualcosa che non solo il club POTRÀ esprimere, ma che lo stesso DOVRÀ “ufficialmente” provare a concretizzare. Sì, perché l’obiettivo è candidarsi per ottenere lo status di ‘B Corp’, una certificazione rilasciata a quelle società che, oltre a ricercare il profitto, hanno come attività prevalente la creazione di un impatto positivo su persone e ambiente. Un caso potenzialmente unico nel mondo del calcio che ci fornisce un assist interessante per ampliare l’orizzonte di questa opportunità: e se tutti i club calcistici puntassero a diventare delle ‘B Corp’? 

Le Società Benefit e le B Corp 

Per provare a rispondere a questa domanda, dobbiamo necessariamente fare un passo indietro e capire di più su queste particolari tipologie di società. Per farlo, abbiamo chiesto una mano a Luca GuarneriEvolution Guide di Nativa, la prima Società Benefit in Europa e la prima Certified B Corporation in Italia. 

1) Che cosa sono le B Corp e le Società Benefit, e che tipo di caratteristiche hanno che le differenzia da “altre” società? Che differenza c’è tra le due? 

La certificazione B Corp e lo status giuridico Società Benefit (Benefit Corporation) sono due concetti diversi, per quanto complementari. La prima, promossa dall’ente non profit internazionale B Lab, verifica e assicura che un’azienda operi secondo i più alti standard di performance sociale e ambientale. Il raggiungimento di tale certificazione richiede un rigoroso processo di misurazione e di analisi del profilo di sostenibilità, al termine del quale, se rispettati gli altissimi standard richiesti dall’ente, si potrà effettivamente diventare B Corp. Oggi nel mondo ci sono più di 4000 B Corp e in Italia sono 125 tra cui illycaffè, Danone, Save The Duck, North Sails. 

Per “Società Benefit”, invece, si intende lo status giuridico che permette, alle aziende che lo adottano, di ufficializzare all’interno dello Statuto lo scopo per cui l’azienda esiste, al di là della sola generazione di profitto. Un modo, dunque, per far sì che il benessere di tutti gli stakeholder (i dipendenti, la comunità, il pianeta, i clienti, ecc.) sia considerato e valorizzato all’interno delle decisioni aziendali. 

Dunque, B Corp e Società Benefit sono entrambi strumenti, utilizzabili contemporaneamente, che permettono alle aziende di adottare un nuovo modello in cui il business è usato come forza positiva per creare benessere condiviso. 

2) Oggi, considerando la crisi di sostenibilità in corso, le aziende sono sempre più chiamate a una evoluzione del proprio essere e del loro business, a creare un impatto positivo sul pianeta e sulle persone per creare valore sostenibile. Ha senso immaginare queste tematiche applicate al mondo dello sport, e più precisamente nel calcio? 

La natura dello sport è sempre stata quella di riflettere ed enfatizzare i valori e i pensieri dominanti nelle società. Dunque, mi sembra ovvio che questo mondo si affacci sempre di più ai temi della sostenibilità (ambientale e sociale), anche perché molti di questi concetti fanno già parte del DNA sportivo come ad esempio la responsabilità sociale, il rispetto per l’altro, la cooperazione e l’interdipendenza. 

 Un avvicinamento ulteriore dello sport alla sostenibilità e una presa di posizione su alcune tematiche oggi rilevanti possono solamente aiutare ad amplificare l’impatto positivo. Pensiamo ad esempio al calcio e alle migliaia di società che esistono in Italia: se ognuno di questi puntini distribuiti sul territorio in diverse realtà economiche, sociali e culturali diventasse un centro di diffusione di valori legati alla sostenibilità, avremmo un risultato mai visto prima. 
E’ importante che si crei cultura sul rispetto dell’ambiente e sui principi di convivenza sociale avvicinando le persone in ambienti dove queste si sentano a proprio agio e più inclini a fare concetti non banali. Come Nativa lavoriamo molto sulla sensibilizzazione delle giovani generazioni attraverso progetti nelle scuole e interventi nelle Università, che diventano degli acceleratori di diffusione di questi temi; pensiamo all’impatto che potrebbe avere qualcosa di simile nel calcio…  

3) Tornando per un secondo all’esempio del Grimsby Town FC, o comunque considerando le società calcistiche in generale, perché la scelta di diventare una B Corp potrebbe portare vantaggi e/o benefici? Ci sono evidenze che testimoniano questi aspetti positivi? 

Oggi essere sostenibili non è una questione di vantaggio, ma un imperativo: nessuna azienda può prosperare se anche il pianeta, la comunità e il territorio in cui opera non fanno altrettanto. Dunque, tutte le imprese che vogliono essere leader nel XXI secolo sono oggi chiamate ad accelerare la propria evoluzione verso una direzione sostenibile e a integrare nuovi modelli più attenti al pianeta e alle persone.  

Le B Corp sono aziende che hanno capito bene questi concetti e che lavorano ogni giorno per migliorare il proprio impatto positivo. Non a caso, Robert J. Shiller (Premio Nobel 2013 per l’economia) ha detto: “Le Benefit Corporation sono aziende che hanno un doppio scopo e avranno risultati economici migliori di tutte le altre”. 

4) Al contrario, che tipo di difficoltà o ostacoli potrebbero incontrare il Grimsby o altre società interessate a compiere questo passo? Ci viene in mente, ad esempio, l’obbligo di trasparenza e rendicontazione, a cui sottende la capacità di misurare l’impatto delle proprie iniziative, tutte pratiche assai poco comuni tra i club di calcio professionistici in Italia. Ce ne sono altre specifiche e relative a questo mondo? 

Non vedo molte difficoltà o ostacoli per una squadra di calcio nel diventare B Corp o Società Benefit. Ottenere la certificazione è un impegno ma esistono già gli strumenti a disposizione delle imprese per andare in questa nuova direzione. Il primo passo, ad esempio, consiste nel misurare le performance ambientali e sociale e il B Impact Assessment, strumento gratuito messo a disposizione da B lab proprio per questo, è già stato usato da 190,000 aziende in tutto il mondo: un risultato straordinario.  

Per quanto riguarda il diventare Società Benefit, anche in questo caso si tratta di un impegno a rendicontare i propri impatti e a rispettare le proprie finalità di beneficio comune scritte a Statuto, ma anche un’opportunità per aumentare la propria trasparenza verso il proprio ecosistema e di renderlo più consapevole della visione e delle scelte aziendali. 

Quello che dunque oggi serve è un salto di qualità in termini di consapevolezza da parte di tutto il mondo del calcio, perché gli strumenti esistono già. Essendo tifoso appassionato so quanto andando a giocare a calcio o a vedere una partita allo stadio si entri in una realtà parallela dove prevale l’aspetto ludico, un mondo che ci si crea per scappare dalla quotidianità. In questi momenti ci si dimentica di ogni aspetto esterno che richiede un maggiore sforzo mentale e tra cui anche la sostenibilità, parola che ci bombarda tutti i giorni. È importante quindi che ci sia un cambio culturale, il rispetto per l’ambiente e verso gli altri non devono essere visti come temi “pesanti” ma bisogna trovare i modi e i toni giusti per integrarli all’interno delle personalità e delle abitudini di tutti noi e, come già detto in precedenza, il calcio e le squadre possono essere fondamentali in fare ciò, devono far scattare la scintilla e dimostrarsi leader per accelerare un cambiamento culturale necessario. 

5) Per concludere, una curiosità. Considerando il lavoro di Nativa nella diffusione di nuovi modelli rigenerativi, tra cui quello B Corp e Società Benefit, è mai stato mostrato interesse da parte di qualche club sportivo nel compiere questo passo (senza ovviamente fare nomi)? 

Si, nel 2020 abbiamo avuto contatti avanzati con una società di Serie A, che poi sono sfumati a causa di cambiamenti nell’organigramma. Oltre a questo, siamo molto vicini al mondo del rugby (tra l’altro il nostro co-fondatore Paolo Di Cesare è un ex rugbista dell’Aquila Rugby Club, squadra storica del rugby italiano) e siamo stati contattati da diverse figure rilevanti, tra cui ex giocatori della nazionale, che si sono dimostrate molto interessate a quello che facciamo. Non escludo che ci potranno essere delle collaborazioni in futuro in questo ambito. Come detto, siamo coscienti di quanto lo sport e soprattutto il calcio siano dei palcoscenici che catturano l’attenzione di milioni di persone e presto lavoreremo sempre più anche con questo mondo.